Un vino divino

Edoardo Narduzzi

A Derna, in Libia, una coppia di giovani sorpresa a bere un bicchiere di vino è stata fustigata in pubblico dagli uomini del Califfato.

    A Derna, in Libia, una coppia di giovani sorpresa a bere un bicchiere di vino è stata fustigata in pubblico dagli uomini del Califfato. Il nettare degli Dei non è del tutto liberamente consumabile nei paesi musulmani e le terre sottomesse al governo dell’Is stanno sperimentando questo nuovo regime senza se e senza ma. Eppure la Vitis vinifera si coltiva da secoli nell’islam. In Libano più che in ogni paese quanto a qualità del prodotto finale, ma anche con discreti risultati in Algeria, in Tunisia, in Turchia e in Marocco. E crescono i consumi di vino nonostante il pensiero comune non lo colga. Tra il 2001 e il 2011 nei paesi arabi del Mediterraneo – Marocco, Tunisia, Turchia ed Egitto – il consumo di alcol è cresciuto molto: la vendita di bevande alcoliche è aumentata del 72 per cento a fronte di un incremento mondiale del 30 per cento. Bevono vino soprattutto i giovani tra i 18 e i 35 anni a riprova che nel mondo contemporaneo i gusti sono più influenzati dalle relazioni e dalle tendenze prodotte da internet e meno dalla tradizione. Così si capisce perché in Turchia, nonostante le recenti leggi restrittive del nuovo presidente Recep Tayyip Erdogan, crescano la produzione locale, 5.500 tonnellate all’anno di Emir e 6.885 di Kalecik Karasi,  e il consumo di vino. Soprattutto di bottiglie rosse che valgono il 70 per cento del mercato turco. Anche perché cresce la qualità media. Nel 2013 ben 17 etichette turche sono state premiate nel Regno Unito con il Sommelier Wine Awards e di queste tre con la medaglia d’oro: una della regione vinicola di Arcadia e due del Terroir di Kavaklidere. Il vino made in islam, dunque, cresce. Una delle tante buone notizie della globalizzazione.