Parte l'Expo e il venture capital si butta sul vino

Edoardo Narduzzi
L’Expo è in rampa di lancio. L’enologia made in Italy sarà, per almeno sei mesi, ben in mostra a livello globale. Un fatto importante perché oggi il consumo di nuovo vino è soprattutto internazionale.

    L’Expo è in rampa di lancio. L’enologia made in Italy sarà, per almeno sei mesi, ben in mostra a livello globale. Un fatto importante perché oggi il consumo di nuovo vino è soprattutto internazionale. Calano i consumi medi annui nei paesi europei di antica produzione e aumentano nel nuovo mondo vinicolo. Nel 1992, per esempio, il 27 per cento degli americani indicava il vino come la sua bevanda preferita contro il 47 per cento che preferiva la birra. Nel 2013 le distanze si erano azzerate: 35 per cento a favore del vino e 36 per cento pro birra.

     

    Ovvio che in un mercato del genere anche il venture capital abbia iniziato a muovere i primi passi alla ricerca di imprese innovative. Anche perché gli spazi di miglioramento sono ancora enormi. Nel 2013 il mercato statunitense del vino ha movimentato 33,5 miliardi di dollari di vendite ma solo il 2 per cento del totale tramite il canale internet. In piena app economy ci sono margini incredibili per l’ecommerce di nuova generazione. Wine.com, un sito americano ormai storico, ha raccolto 75 milioni di dollari in vari stage di finanziamento, mentre Lot18, un’altra società specializzata nello shopping online di vino, ha raccolto 44,5 milioni dai fondi di investimento Accel Partners e New Enterprise Associates. E ancora il fondo di venture capital Bacchus Capital ha investito circa 50 milioni di dollari nella Madrigal Family Winery, una cantina high end della Napa Valley.

     

    L’Expo è una grande vetrina per l’enologia italiana che può anche pensare di sfruttarlo per attrarre capitali internazionali oggi sempre più disponibili a investire nel vino.