Grexit nel calice
“Non mi stupirei se, tra le nuove proposte di Alexis Tsipras per rimborsare il debito, ci fosse anche l’introduzione di una nuova tassa: una imposta a favore della Grecia a carico di tutti i paesi democratici che usano gratis da decenni una invenzione greca”. Il banchiere russo con cui ho cenato questa settimana, con una battuta originale, sgombera il tavolo della crisi greca da molti luoghi comuni. Primo, la questione geopolitica, richiamata spesso, di una pericolosa attrazione della Grecia nel campo russo a suon di miliardi di rubli è molto teorica e poco praticabile, vista la situazione economica di Mosca che deve sussidiare Crimea e Donbass con un’inflazione ufficiale al 15 per cento e una moneta di nuovo debole a causa del barile tornato in area 50 dollari.
Secondo, la serietà del governo greco guidato dal neo comunista Tsipras è considerata nulla perfino a Mosca che di comunisti se ne intendono da oltre un secolo e che vedono la Grecia attuale come una sorta di Cuba nell’Eurozona: tutta ideologia, zero numeri e concretezza.
Terzo, per chi confina con l’Eurozona il peso politico dei paesi europei dell’est è oggi molto maggiore di quelli mediterranei: i russi conoscono bene i paesi baltici o la Slovacchia e non credono possibile che questi, appena liberatisi dagli aggiustamenti e dalle crisi post sovietiche pagando prezzi sociali altissimi, continuino a versare le loro tasse al Fondo salva stati per finanziare il pozzo senza fondo del debito greco e la politica neo comunista di Tsipras.
In attesa della Grexit, gli amici russi consigliano di bere qualche ottimo vino croato. Un rosso autoctono di uve Plavac Mali dell’annata 2009 della cantina Grgic Vina, che può costare anche 50 euro la bottiglia, oppure il Postup 2008, dello stesso uvaggio, della Vinarija Dingac pagato 25 dollari il pezzo negli Stati Uniti, mentre, per chi preferisce un bianco, un Welschriesling etichetta Krauthaker Grasevina del 2014 è la scelta giusta.
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