Hangover deflattivo
Scendono i prezzi in Italia. Neppure il bazooka del Quantitative easing della Banca centrale europea è riuscito a stimolare un minimo di inflazione. Anzi, siamo in deflazione: meno 0,3 per cento il calo su base annua registrato dall’Istat in Italia nell’ultimo anno. La deflazione è una brutta bestia, forse il peggior animale per una economia di mercato. Innesca spirali negative e aspettative ribassiste: tra due mesi posso comprare meglio di oggi e così rinviamo i consumi. La deflazione aumenta il valore facciale del debito da restituire e penalizza perfino gli immobili. Davvero una brutta bestia da combattere. Se il governo Renzi, anziché tagliare l’Imu e sprecare risorse in incentivi copiosi, avesse concentrato la sua azione sugli stimoli agli investimenti privati senza temere l’inflazione, allora avrebbe fatto altre scelte due anni orsono. Avrebbe aumentato l’Iva dal 22 al 25 per cento e contestualmente ridotto di 5 punti il cuneo fiscale sul lavoro. In questo modo la sua politica economica sarebbe stata percepita come lungimirante e capace di cavalcare il ciclo attuale. La maggiorazione Iva avrebbe “stimolato” un minimo di inflazione e favorito le esportazioni; il costo del lavoro reso più competitivo avrebbe favorito gli investimenti privati. La deflazione preoccupa anche il mondo del vino. Le bottiglie iconiche sono ormai un bene rifugio ma anche beni che scontano l’andamento del contesto generale. Una prolungata deflazione si tradurrebbe, inevitabilmente, in prezzi medi più bassi anche per i campioni dell’enologia made in Italy. Perfino le etichette più blasonate ne soffrirebbero e la fuga verso le aste internazionali sarebbe un’opzione ancora più necessaria per piazzare la produzione. Se continua la spirale deflazionistica allora qualche occasione di buon acquisto di Masseto e Sassicaia potrebbe farsi a portata di portafoglio medio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano