Siamo stati sconfitti
Neppure questa rubrica poteva immaginare i cambi di cavallo di Joe, Johnny e tutti gli altri.
Spunta il sole, canta il gallo, Big Joe cambia cavallo. Joe Servegnini, dopo la pantomima del duetto con Matteo Renzi nella sede del Corriere della Sera con tanto di direttore plaudente seduto in sala, apparecchia la prima intervista a Urbano Cairo fresco padrone di Rcs, certo annullando all’ultimo secondo analogo impegno con Andrea Bonomi.
Spunta il sole, canta il gallo, Big Joe cambia cavallo. La fantasia di questa povera rubrica è sempre un passo indietro rispetto alla realtà, Servegnini una ne fa, cento ne pensa. Messa in cascina tutta l’erba dei vicini, Joe, i suoi conti se li fa. Renzi, ormai, non può durare. Gli aveva pure chiesto di farsi dare la direzione del Tg1 ma Maria Elena Boschi, con tanto di turbante in testa, in groppa a un elefante, ha dato l’altolà: “Moiro Orfeo detto Orfei si tocca”.
Spunta il sole, canta il gallo, Big Joe cambia cavallo. All’ottobrata, comunque, Renzi non ci arriva. Magari Sergio Mattarella organizza un governo di transizione con la Boschi che dice #matteostasereno ma Servegnini evita di compromettersi anche con la Boschi perché, insomma, vede lungo.
Spunta il sole, canta il gallo, Big Joe cambia cavallo. Alla frangetta da suora laica aggiunge adesso la barba a scopetta sul suo mento rococò, Joe fiuta il vento nuovo, convince Luciano Fontana al grande salto, va all’assalto del renzismo, quasi ruba il mestiere a Dario Fo e si schiera lesto con Stefano Parisi.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. Joe traccia il solco e anche Morio Orfeo, pur confermato al Tg1, molla Renzi e manda in onda – confezionati dal suo vice, Gennaro Sangiuliano – tanti servizi su “liberal-popolari” oggi. In uno in particolare, un’intervista esclusiva a Giggino a’ Purpetta, Moiro si pregia di voler essere il reggi-microfono. Significativo, il titolo: “Orizzonti moderati”.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. Stefano Parisi piace a tutti e perfino Mary Mely, nei suoi mitici retroscena con l’ormai disfatto Renzi, fa dire al disastrato Matteo: “Io, di mio, già starei con Parisi”. Per non dire di Marione Calabresi, direttore de La Repubblica, che schiera incontro all’astro nascente di Parisi nientemeno che l’illustre predecessore.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. Ezio Mauro, infatti, preso atto del tramonto di Matteo Renzi, non solo fa endorsement a favore di Stefano Parisi – “più liberal-popolare di me, non ce n’è” – ma argomenta, con tanti riferimenti alla filosofia morale, la sua scelta per il referendum: “Ed NO, tre volte NO. Resto al fianco di Stefano Rodotà. Ma anche di Renato Brunetta. Mi schiero dalla parte di Gustavo Zagrebelsky. Ma anche di Ignazio La Russa. Il No è la sintesi liberale e popolare”.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. Anzi, no, non tutte. Solo Paolo Mieli, da par suo, resta coerente: “Il mio faro è Luigi Di Maio, il mio orizzonte ha cinque stelle, vado al mare, in vacanza, con Beppe Grillo”.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. E intanto Gianni & Riotto detto Johnny prepara – e non è uno scherzo ?– libro intervista con Monica Maggioni, presidente della Rai, per Mondadori, Mondazzoli. Avrebbe voluto anche lui il Tg1, sarebbe stato “il ritorno, la vendetta”, ma niente, Maria Elena degli Elefanti, non vuole. E lui comunque si butta su Parisi.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. E però sarebbe sbagliato pensare che i nostri eroi, Johnny e Joe, facciano scelte professional-editoriali per agevolare le loro carriere, no! Quelli se ne impipano dei ruoli, degli stipendi, delle direzioni. Fanno quello che fanno, anche intervistare la Maggioni, per umiliare le fantasia di questa povera rubrica.
Spunta il sole, canta il gallo, ogni firma cambia cavallo. Joe e Johnny scavano tutte le buche, si calano in ogni pozzo, scalano tutte le montagne, in preda a una frenesia irresistibile il cui unico obiettivo è rendere inutile e vano qualsiasi sfottò. Come Achille, nel paradosso di Zenone, non raggiunge mai la tartaruga, qualsiasi tentativo di immaginare l’apocalisse del carrierismo, l’acmé della piaggeria, lo zenit della servizievolezza si rivela un pallido riflesso dei nostri eroi. E quindi non resta che riconoscerlo: Nove Colonne ne esce sconfitta.
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