Martiri del Sì
Riotto e Servegnini si offrono di sostituire Renzi nei dibattiti. Con qualche disavventura di troppo.
Quo Refe? Quo Vadis? E con Travaglio, e con Zagrebelsky, ma dove va il povero Matteo? Renzi, poverino, non può dibattere contro tutti ed ecco che Joe Servegnini e Gianni & Riotto detto Johnny – i suoi giornalisti di riferimento – si offrono per sostituirlo in tutti gli incontri pubblici. Lanciano il guanto di sfida ai più temibili tra i sostenitori del No ma ecco che già il povero Joe incappa in una disavventura.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? Massimo D’Alema, presidente della Fondazione Italiani-Europei, rifiuta il confronto con Joe e gli scaglia contro Aiace, il cane cacace, le cui zanne vanno a piantarsi sui pur sodi glutei dell’eroico editorialista dalla frangetta bianca da suora laica (non senza strapazzare il proverbiale impermeabile). Aiace è stato proprio mordace ma al povero Joe, dolente nel fondo, non può protestare per non incorrere nel tassativo divieto di scrivere alcunché contro i quadrupedi.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? Non può fare tutto il premier. Il governo si gioca tutto e Riotto affronta da solo a mani nude i professori torinesi del No col piglio di Ursus di Quo Vadis e con la pelle di lupo indossata da Russel Crowe nel Gladiatore. Si fa dare in affitto dai Tredicine (nota famiglia romana interessata al business dei caldarrostari) le armature di latta e plastica dei finti gladiatori, si posiziona davanti palazzo Carignano e lì lancia la sua sfida.
Quo Refe? Quo Vadis? Non può fare tutto il premier. Ma l’arma letale di Johnny contro i fratelli Vladimiro e Gustavo Zagrebelsky sono i fratelli Andrea e Luca Zappacosta: cinture con borchie El Carro, stivaletti puntuti, i “giovnastri”, paladini dell’accordo Renzi-Forza Italia, scendono in campo per il sì accanto a Matteo e a Riotto.
Quo Refe? Quo Vadis? Travaglio, Zagrebelsky, ma dove va il povero Matteo? Joe intanto si traveste da Junio Valerio Borghese, anzi, no, si traveste da Giulio Caradonna. Ha, infatti, la benda nera all’occhio sinistro, una protesi di mimetizzazione alla gamba destra ma, pur irrigidito nell’arto, alla guida di un gruppo di arditi cremaschi vestita da Balilla rottamatori con Fez e slide, Joe va a devastare le sedi dell’Anpi e scrive Sì in ogni dove cantando “Ciao biondina!” issando gigantografie di Maria Elena Boschi.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? Fed Rampini, Fed Fubini e Ferd Giugliano, da par loro, caricano a cavallo gli obbligazionisti della Banca Etruria che volevano volentieri dibattere forti delle loro ragioni del No, li costringono alla fuga e così – fieri e orgogliosi come i Cavalieri dell’Apocalisse (meno uno) – possono liberare così Casa Boschi dall’assedio che dura da tre mesi.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? Ma la battaglia volge in rotta: sempre come Ursus in Quo Vadis, il campione dei gladiatori viene sconfitto e così i fratelli Zagrebelsky lasciano sul campo i fratelli Zappacorta tramortiti a colpi di Diritto Costituzionale.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo, sempre da solo contro tutti? Ma il peggio deve ancora venire: nel dibattito finale, alla vigilia del referendum, le sorelle Annalisa e Paola Taverna affrontano Joe e Johnny e li umiliano con la loro dialettica: “’A Servegni’, te voi taja sto ciuffo? Te voi leva’ ’sto ’mpermiabile da zozzone ’nfojato?”.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? E’ Annalisa Taverna ad affondare il colpo finale: “A Riotto… te ne devi torna’ a Detroit! Coi Cinquestele che stanno a governa’, è cor ciufolo che te ne potrai anna’ a condurre Protestantesimo o Cis Viaggiare informati”.
Quo Refe? Quo Vadis? Ma dove va il povero Matteo? Non c’è sondaggio che non dia le sorelle Taverna vincitrici su Joe e Johnny. Il giorno successivo il verdetto del popolo è conseguente: sepolto da una valanga di no, Matteuccio si dimette e accetta di partire per l’esilio, a una sola condizione; che Joe e Johnny siano consegnati per il supplizio al Canaro nei giorni pari e a Luca Lotti nei giorni dispari. Così fanno il bicameralismo perfetto.
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