Vado al Massimo
Giletti non s’accontenta mica de La7, vuole Via Solferino, atteso da tutte le redattrici di Rcs
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il contratto con gli italiani è quello di Massimo Giletti. Urbano Cairo, infatti, è più avanti di Silvio Berlusconi. Se il leader di Forza Italia aveva sottoscritto il patto politico sulla scrivania di Bruno Vespa, l’editore del Corriere della Sera fa molto di più: l’Arena approda a Largo Treves e Giletti si tiene pronto per la direzione di Via Solferino.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. E’ solo un antipasto l’arrivo di Giletti a La7. Il bellissimo conduttore è innanzitutto atteso da tutte le redattrici di Rcs, anche da quelle di che pur avendo già un adone – qual è Joe Servegnini (vero, Irene?) – festeggiano l’arrivo di Massimo, eroe dello scontro istituzionale con la Rai circense di Moiro Orfeo detto Orfei.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Giletti, anche se consapevole della propria avvenenza, lo fa un pensierino sulla necessità di adattare il look al Corriere. Altro che se non lo fa. In men che non si dica sacrifica i suoi riccetti e – zac – sfodera anche lui una frangetta su frezza bianca da suora laica e sfida l’afa di Milano indossando anche lui il proverbiale impermeabile da giardinetti.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il vero contratto è di affinità e Giletti, rispettoso della tradizione di via Solferino, sente di dover adeguarsi all’alto insegnamento di Joe. Incredibile, i due sono Castore e Polluce. Massimo (vero, Irene?) non può che omaggiare Joe: “E’ un faro, un mito, farò del Corriere l’ancella di 7”.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il vero contratto è quello di Massimo. Vento di novità al Corriere. Nell’Arena di Giletti soccombe l’asinello – la cara mascotte di Lucianino Fontana – e viene a mancare anche la provvista di fieno per gli agnellini della svolta animalista-berlusonian-boldriniana del Corriere.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il vero contratto è quello di Giletti. Gli ovini – nel frattempo diventati tutti pecori, pecoron-pecorelle e castrati di vario genere – vengono cacciati via e il dito accusatore del raggiante Massimo non ammette discussioni: vi denuncia, in ogni singolo quadrupede, un ingiusto vitalizio.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il contratto con gli italiani, lo fa Giletti. I pecuri – lanosi e puzzolenti come non se ne vedavano a Milano dal tempo dei katanga sessantottini, quelli dell’eskimo in redazione – sciamano per le scale del Corriere. Cairo, soddisfatto, dichiara: “Fusse che fusse la vorta bona!” e Giletti, vigile, s’accorge di una quinta colonna pericolosamente appostata a conferma dei propri privilegi.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Aggrappato alla lana, al modo di Ulisse nella grotta di Polifemo, c’è infatti Mario Capanna. Le urla arrivano fino agli dei: “Nessuno avrà il vitalizio, Nessuno!”. Giletti lo scopre, dunque, Capanna e lo addita non senza scagliargli e spargere sui marciapiedi – manco fosse dalla rocca dei ciclopi – le copie del libro scritto dal canuto rivoluzionario.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Il Corriere di Giletti è la rivoluzione del giornalismo. Massimo Gramellini non può più cavarsela con un caffè. Un ordine di servizio lo obbliga a condividere la rubrica con Klaus Davi e così offrire un menu più vario.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Innanzitutto granite: mandorle, gelsi neri, fragole e limone (rigorosamente di Tusa Marina), tutte da destinare alla trionfale campagna elettorale in Sicilia di Rosario Crocetta, già idolo dell’Arena, adesso destinatario di uno squillante endorsement sottoscritto da tutti i più importanti editorialisti, da Ernesto Galli della Loggia a, va da sé, Paolo Mieli.
Altro che Porta a Porta, altro che Cav. Ma anche altro che La7. Il vero trono di Giletti è il Corriere della Sera. Felicissimo dell’arrivo di Giletti è proprio Paolo Mieli che, da par suo, investito del ruolo di consigliori acconsente a una dura richiesta del nuovo direttore: l’esilio di Aldo Grasso, il più autorevole dei critici televisivi, reo di recensioni sempre poco benevoli verso il bellissimo Massimo. In luogo dell’ovvia cicuta, tutto il blocchetto di buoni taxi, quelli di Joe, viene consegnato a Grasso. L’amara Crema, la sua meta.
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