La destra alla guida di Roma, e che destra

Il lupo in Campidoglio

Redazione

La classe senatoria è definitivamente sconfitta con la vittoria viscerale, contro un sistema di potere formidabile ma in decadenza, del più catilinario dei leader della destra. Il paese aveva votato con la pancia raddoppiando i voti di Bossi, dando al Berlusconi del predellino un terzo mandato sovrano, schiacciando in Sicilia e nel sud gli avversari del nuovo autonomismo di Lombardo, ed eliminando tutto il resto, tutti i corpi elettorali intermedi, con un residuo democristiano condannato all'ininfluenza minoritaria, come un centro che stia in periferia, e già in fase di squinternamento politico.

    La classe senatoria è definitivamente sconfitta con la vittoria viscerale, contro un sistema di potere formidabile ma in decadenza, del più catilinario dei leader della destra. Il paese aveva votato con la pancia raddoppiando i voti di Bossi, dando al Berlusconi del predellino un terzo mandato sovrano, schiacciando in Sicilia e nel sud gli avversari del nuovo autonomismo di Lombardo, ed eliminando tutto il resto, tutti i corpi elettorali intermedi, con un residuo democristiano condannato all'ininfluenza minoritaria, come un centro che stia in periferia, e già in fase di squinternamento politico. Mancava la conferma più cruda, ed è arrivata con puntualità inesorabile: la destra alla guida di Roma, e che destra. Gianni Alemanno è anche uomo di mondo, ma è il leader dell'identità neofascista che resiste e che ora vince nel plebiscito personale di un ballottaggio da brivido, che è novità assoluta in sessant'anni di storia repubblicana. Fini nel 1993 perse per pochi voti contro Rutelli: era ancora a capo del Msi, e di lì cominciò la sua marcia verso l'omologazione democratica, con il sostegno di Berlusconi. L'ironia della storia vuole che quella marcia arrivi infine sulla scalinata del Campidoglio, e invada festosamente la piazza michelangiolesca, ma stavolta nel pieno corso di un ritorno identitario, giocato sui temi della sicurezza e della lotta contro un sistema di potere percepito come chiuso, castale, effimero, lontano appunto dalla pancia popolare della città e del paese. Un alieno è entrato nel salottone delle consuetudini gentili e borghesi, padroni di casa e invitati sono letteralmente storditi. Queste cose vanno dette perché lo strappo simbolico è così forte che sarebbe assurdo sottovalutarlo. Perché oltre al simbolo c'è una ascesa al potere, ormai completa e compiuta, della classe dirigente di destra in un'Italia radicalmente diversa dal passato. Ma tutto questo non significa affatto che abbia il pur minimo fondamento l'esausto e sciocco allarme antifascista affisso velenosamente sui muri della capitale da ceti parassitari che hanno agitato in questi anni la falce e martello mentre impugnavano forchetta e coltello. La sinistra sconfitta non ha niente di eroico. La destra vincente non ha niente di minaccioso. Lesa mortalmente dall'eliminazione dei partiti costituzionali, la democrazia italiana ha avuto la forza di ricominciare dove poteva, e Alemanno, come Bossi Berlusconi Lombardo e tanti altri, ne è figlio legittimo. Quando dice che governerà come sindaco di tutti i cittadini, siamo tenuti rigorosamente a credergli, sebbene l'idea di cittadinanza della destra populista, leghista e postfascista sia diversa da quella della tradizione codificata negli anni della democrazia dei partiti. Questa idea sarà ora sperimentata, poi giudicata in nuove regolari elezioni. La sinistra del piagnisteo, della battaglia dei capi e della divisione sarà di nuovo sconfitta. Una sinistra riformista che trovi l'identità perduta, e non si comporti come un'associazione di legulei, come una casta senatoriale, potrà esercitare il controllo del potere in questi anni e, in prospettiva non troppo ravvicinata, costruire un'alternativa.