Marcinkus, come farsi un tesoro in terra (e forse pure in Cielo)
Paul Casimir Marcinkus, detto “Chink”, l'arcivescovo che fu presidente dell'Istituto opere di religione e che la magistratura italiana tentò invano di rinchiudere dietro le sbarre per il crac del Banco Ambrosiano, non ha mai avuto “le phisique du rôle” del pio sacerdote.
All'interno di una serie intitolata “Quei farabutti che hanno ben meritato”, il 5 gennaio del 2000 pubblicammo questo articolo sull'ex presidente dell'Istituto opere religiose (Ior), l'arcivescovo americano Paul Marcinkus. Ancora attuale.
Paul Casimir Marcinkus, detto “Chink”, l'arcivescovo che fu presidente dell'Istituto opere di religione e che la magistratura italiana tentò invano di rinchiudere dietro le sbarre per il crac del Banco Ambrosiano, non ha mai avuto “le phisique du rôle” del pio sacerdote. La sua specialità sono sempre state le acrobazie finanziarie, meglio se oscure e condotte in compagnia di non limpidissimi personaggi; le malelingue l'hanno persino accusato di avere un'amante e di aver complottato per avvelenare papa Luciani. Accuse un po' troppo grosse. Di certo, più che Madonna Povertà amava la bella vita; e ha lasciato un bel buco nelle casse del Vaticano. Oggi, a 77 anni, vive ritirato in Arizona, con funzioni di viceparroco. Anche se non è raro incontrarlo in quella Roma che lo vide potentissimo e accanito giocatore di golf, la Roma dove abitano ancora molti amici e a lui piace d'estate cenare, in maniche corte, alla “Campana”.
Nato nel 1922 a Cicero, il sobborgo di Chicago noto per aver dato i natali ad Al Capone, da una famiglia di immigrati lituani, Paul Casimir aveva cinque fratelli. Il padre si guadagnava da vivere pulendo i vetri degli uffici. La vocazione si manifesta abbastanza presto: a tredici anni si iscrive a una scuola della diocesi e a diciotto si trasferisce nel seminario maggiore di St. Mary of the Lake a Munderlein, in Illinois, dove studia filosofia e teologia. Nel '47 riceve l'ordinazione sacerdotale e viene inviato in una parrocchia di un quartiere nella parte sudoccidentale di Chicago, in missione fra le giovani famiglie. Appena un anno dopo, Marcinkus viene trasferito al Tribunale diocesano e due anni dopo lo troviamo già a Roma per studiare diritto canonico. Nel 1952, mentre si trovava a Londra per una ricerca, fu raggiunto da una lettera del Vaticano che lo invitava a trascorrere due mesi presso la sezione inglese della Segreteria di Stato. I professori della Gregoriana avevano infatti segnalato il nome di don Paul al factotum di Pio XII, monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI. Quel periodo di prova divenne definitivo. E Marcinkus si trasformò a poco a poco nel punto di riferimento romano per tutti gli americani. Durante il Concilio Vaticano II lo troviamo al lavoro per garantire i prezzi migliori per i voli transoceanici dei vescovi e la loro sistemazione negli alberghi romani. Nel '63 fa costruire Villa Stritch (dedicata a un cardinale di Chicago), un complesso da un milione di dollari progettato per ospitare i prelati statunitensi, e ne diviene il primo rettore.
Il tour operator di Dio
Ma la sua vera carriera coincide con i primi viaggi apostolici del Papa. Nel 1964 Paolo VI, che Marcinkus aveva aiutato a studiare inglese, gli chiede di organizzare la trasferta in India per il Congresso eucaristico. Le sue capacità organizzative si rivelano formidabili, tanto che da allora dirigerà ogni viaggio del Pontefice, da New York a Fatima, dall'Uganda al Cile. Tutti cominciano a chiamarlo “l'uomo del Papa”, mentre la sua preoccupazione per l'incolumità fisica di Paolo VI gli fa guadagnare il soprannome di “gorilla”. Un nomignolo azzeccato, date l'imponente stazza e la folta peluria del prelato americano. Nel 1969 il Papa lo consacra vescovo e lo trasferisce alla guida allo Ior, pur non avendo Marcinkus alcuna competenza in fatto di banche e finanza. Passano pochi anni, e nel 1972 il suo nome viene tirato in ballo nello scandalo dei titoli azionari falsificati che il Vaticano avrebbe acquistato dalla mafia. L'indagine sulla “Vatican connection” è affidata all'Fbi. Gli agenti entrano nelle sacre stanze e interrogano i più stretti collaboratori dell'allora Sostituto alla Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Benelli. Che da allora diventerà avversario di Marcinkus. Il prelato di Cicero viene prosciolto dall'accusa, ma quella data segna l'inizio della sua cattiva fama.
Sono gli anni in cui, grazie a potenti appoggi, Michele Sindona ha facile accesso al Vaticano. Così come il suo “allievo” Roberto Calvi, discusso presidente del Banco Ambrosiano, con cui lo Ior di Marcinkus entra presto in affari. Con l'aumentare del suo potere, “Chink” vede crescere anche il numero dei suoi nemici.
Profondamente indignato per il modo d'agire un po' troppo disinvolto del presidente dello Ior è ad esempio il Patriarca di Venezia Albino Luciani, che a metà degli anni Settanta ebbe dei contrasti con Marcinkus relativi al Banco San Marco e alla cessione della Banca Cattolica del Veneto al Banco Ambrosiano. Si dice che giunto a Roma per chiedere spiegazioni di un'operazione condotta senza che i vescovi veneti fossero stati avvisati, Luciani sia stato messo alla porta in modi piuttosto spicci. Monsignor Marcinkus smentirà la circostanza. Sta di fatto che, secondo molte autorevoli fonti, subito dopo l'elezione, papa Luciani manifestò l'intenzione di rimuovere il prelato americano dal vertice dello Ior “perché un vescovo non deve dirigere una banca”.Certe operazioni spregiudicate dell'Ambrosiano erano ben note ancor prima dell'arrivo al Soglio di Karol Wojtyla. Ma Giovanni Paolo II prende in simpatia Marcinkus, lo promuove arcivescovo (è il 1981) e lo nomina propresidente della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Oltre che di finanze, il vescovo statunitense si occupa della vita spicciola dello Stato più piccolo del mondo. Operai e maestranze lo ricordano ancora con grande affetto: era capace di arrampicarsi sulle impalcature per portare qualcosa da bere ai muratori, sensibile alle loro esigenze, pronto ad aiutare chiunque fosse in difficoltà. Così dicono i pochi suoi agiografi.
Finanza off-shore, Frati neri e magistrati
Lo stesso non si può dire per quanto riguarda le operazioni finanziarie. Le carte e i documenti spulciati dai liquidatori dell'Ambrosiano e dai magistrati descrivono transazioni per centinaia di milioni di dollari dalle società fantasma di Calvi allo Ior. Per 11 anni la banca vaticana, grazie al suo status “offshore” fece da intermediaria per le operazioni del “banchiere di Dio”, che nel 1982 morirà impiccato sotto il ponte dei Frati neri nel cuore di Londra. A inguaiare l'intraprendente arcivescovo furono le famose lettere di patronage, concesse dallo Ior a Roberto Calvi nel momento in cui l'impero di scatole cinesi dell'Ambrosiano cominciava a sfaldarsi. Con quelle lettere, la banca vaticana confermava che “direttamente o indirettamente” esercitava il controllo su Manic. S.A. (Lussemburgo), Astolfine S.A. (Panama), Nordeurop Establishment (Liechtenstein), U.T.C. United Trading Corporation (Panama), Erin S.A (Panama), Bellatrix S.A (Panama), Belrosa S.A (Panama), Starfield S.A (Panama). Sono la “prova” delle colpe di Marcinkus, secondo gli inquirenti che chiederanno il suo arresto per concorso in bancarotta fraudolenta, mai concesso dal Vaticano. In realtà, esisteva anche un'altra lettera, a firma di Calvi, che sollevava la banca della Santa Sede da ogni responsabilità.
Ingenuo e desideroso di aiutare un compagno d'affari che gli offriva weekend di lavoro alle Bahamas o complice di operazioni sporche? Nessuno saprà mai fino in fondo la verità. E sebbene il Vaticano abbia continuato a negare qualsiasi malversazione, il cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato di Sua Santità, negoziò con il governo italiano un accordo in base al quale lo Ior avrebbe versato la bellezza di 244 milioni di dollari ai creditori dell'Ambrosiano, come risarcimento per ogni pretesa presente o futura. E il pagamento, checchè ne dicano i vertici della Santa Sede, equivale a un'ammissione di colpa. La somma fu versata anche grazie all'aiuto dei banchieri dell'Opus Dei, la quale si vedrà riconoscere lo statuto di Prelatura personale del Papa nel nuovo codice di Diritto canonico, promulgato di lì a poco. L'Anno Santo straordinario del 1983, indetto da Papa Wojtyla, servirà anche a rimpinguare le casseforti vaticane dopo la bufera. Non tutto è chiaro nei passaggi che portano alla liquidazione del Banco dopo il crac, così come molte zone d'ombra rimangono sulle circostanze della morte di Calvi. Giulio Andreotti, ad esempio, ha più volte manifestato la sua sorpresa per la rapidità con cui il più grande gruppo bancario cattolico venne distrutto.
Dal primo Giovanni Paolo al secondo (veleni)
Paul Casimir Marcinkus, nonostante le bufere, è rimasto alla guida dello Ior fino al 1989. Giovanni Paolo II lo ha protetto e difeso, anche se non l'ha premiato con la porpora. Oltre ai servigi resi nell'organizzazione dei viaggi, di cui Marcinkus è stato per anni indiscusso protagonista, un ruolo decisivo possono averlo giocato, secondo alcuni esegeti dell'Ottantanove, i finanziamenti a Solidarnosc. Senza i suoi denari, quale che ne fosse la provenienza, la Storia sarebbe forse andata diversamente. Calvi aveva più volte sostenuto di aver avuto una parte nell'aiuto finanziario al sindacato polacco di Lech Walesa che con la sua attività segnò l'inizio della fine del comunismo. In una bobina registrata segretamente da Flavio Carboni si sente la voce di Calvi che dice: “Io gli ho detto sul muso a Marcinkus: guardi che se per caso risulta da qualche contabile che gira per New York che manda soldi a Solidarnosc, qui fra un po' non c'è più pietra su pietra… Tanto per parlarci chiaro”. I finanziamenti sarebbero stati gestiti con operazioni estero su estero e incassati da un prete polacco residente a Roma, che li faceva pervenire al sindacato. E traccia di una “operazione Polonia” è rimasta anche in un verbale del consiglio d'amministrazione del Banco Ambrosiano. Il presidente dello Ior smentirà di essere stato a conoscenza dell'operazione: “Calvi non mi ha mai parlato di Solidarnosc. Se ha dato qualcosa a Solidarnosc, va bene, ma non ne ho mai saputo niente”. Di certo, i soldi guadagnati da Marcinkus con gli investimenti e le compravendite di proprietà sono serviti a finanziare “opere di religione” e sono stati utilizzati per costruire chiese.
Nonostante le frequenti voci e i numerosi pettegolezzi messi in giro dai suoi tanti nemici all'interno della mura vaticane, nulla è mai stato accertato contro Marcinkus, escluse, ovviamente, le sue acrobazie finanziarie. Le dicerie su una sua presunta relazione con una bella donna sposata, ex miss Francia, si sono rivelate del tutto infondate e frutto della malevolenza di prelati invidiosi del “Chink”. Così come si rivelerà del tutto priva di fondamento l'accusa rivoltagli nel 1984 dal giornalista inglese David Yallop, autore del bestseller “In God's name”. Nel libro si sostiene la tesi dell'omicidio di Papa Luciani, che sarebbe stato assassinato anche da Marcinkus, in combutta con l'allora Segretario di Stato Jean Villot e con il discusso arcivescovo di Chicago John Patrick Cody. Un altro prelato americano caduto in disgrazia per la cattiva gestione delle finanze ecclesiastiche.
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