Chi aiuta Gaza

Redazione

Le accuse contro Israele per le vittime fra i civili – arrivate a 1.100 secondo l'Onu – crescono di intensità. Come scrive l'inviato di Haaretz, Ari Shavit, il rischio “è che a Gaza Israele stia spremendo Hamas ma al contempo distruggendo la propria anima”.

    Roma. Le accuse contro Israele per le vittime fra i civili – arrivate a 1.100 secondo l'Onu – crescono di intensità. Come scrive l'inviato di Haaretz, Ari Shavit, il rischio “è che a Gaza Israele stia spremendo Hamas ma al contempo distruggendo la propria anima”. In realtà, Israele compie uno sforzo umanitario parallelo a quello militare. Il ministero della Difesa coordina con le organizzazioni internazionali l'arrivo e la distribuzione degli aiuti a Gaza. Le Idf hanno 120 ufficiali dentro la Striscia con il ruolo di “commissari umanitari” nei reparti di soldati. Gli ufficiali parlano arabo, fanno parte del Dco, District coordination office – che ha una scuola ufficiali specializzata sulle questioni umanitarie – e trattano con i palestinesi per le richieste di cibo e medicine, l'evacuazione dei feriti e dei malati e gli spostamenti dei civili nelle aree di combattimento. Sono in contatto costante con l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi, la Unwra, con la Croce rossa e con i palestinesi.

    Tutte le comunicazioni fra le agenzie impegnate sul campo passano per un ufficio smistamento allestito al ministero della Difesa di Gerusalemme due sabati fa. E' stato questo stretto coordinamento a scatenare le proteste dell'Unrwa dopo “il gravissimo errore”, parole del ministro Ehud Barak, dei tre colpi di artiglieria finiti sul tetto della sede dell'agenzia. Ma come – hanno detto all'Unrwa – ci aggiorniamo di continuo con i militari su situazione, movimenti, emergenze, e quelli ci bombardano? Il ministero degli Esteri ha creato una task force per preparare il dopoguerra. L'obbiettivo è evitare il ripetersi di quanto accadde nel sud del Libano dopo il conflitto del 2006: grazie a 300 milioni di dollari arrivati dall'Iran, Hezbollah si impadronì del programma di ricostruzione, assicurandosi sostegno politico e gratitudine della popolazione. Questa volta Israele vuole consegnare la ricostruzione di Gaza all'Anp, agli stati arabi e a enti internazionali: non a Hamas e al denaro iraniano.
    Martedì il premier Ehud Olmert ha messo il ministro per gli Affari sociali Isaac Herzog a coordinare agenzie umanitarie israeliane e palestinesi. E' lui che, dopo il segretario dell'Onu Ban Ki-moon, sta ricevendo la Croce rossa e gli altri operatori per esaudire le richieste.

    Chi non crede al lato compassionevole del gabinetto di guerra, concede però che l'obiettivo strategico – il calcolo freddo – di questa guerra è separare la popolazione civile di Gaza dai padroni di Hamas, e non la violenza casuale. Fonti interne al governo dicono: “Il premier riassume così: pugno di ferro con Hamas, moffola da bambini con Gaza”. E' uno schema rodato delle guerre antiterrorismo. Passa per i volantini di avvertimento sulle zone che stanno per essere colpite, per la sospensione quotidiana e unilaterale delle operazioni per consentire l'ingresso ai convogli di camion con cibo e medicinali, per il ricovero dei feriti negli ospedali israeliani, e per l'allestimento annunciato di ospedali da campo ai confini della Striscia.