Parla il rabbino amico di B-XVI, e conferma la tesi di Israel

Redazione

Il rabbino americano Jacob Neusner non ha mai avuto paura di dire quello che pensa, anche quando risulta una voce isolata, fuori e dentro il mondo ebraico.

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    New York. Il rabbino americano Jacob Neusner non ha mai avuto paura di dire quello che pensa, anche quando risulta una voce isolata, fuori e dentro il mondo ebraico. E' la franchezza con cui si è lanciato nella sua scommessa personale di far dialogare le religioni monoteiste che ha toccato l'allora cardinale Ratzinger quando gli capitò tra le mani, nel 1993, il saggio “A Rabbi talks with Jesus” e che lo ha spinto, una volta eletto Papa, a scrivere il libro su “Gesù di Nazaret” intessendo un dialogo aperto e rispettoso con l'anziano rabbino che poi è passato dalla scrittura all'incontro personale lo scorso aprile durante la visita americana del Pontefice (un incontro in cui il Papa tedesco e il rabbino ebreo hanno parlato, come vecchi amici, per lo più in italiano).

    Secondo Giorgio Israel (leggi) scorre proprio sulla falsariga di questo rapporto la via possibile per un dialogo tra giudaismo e cristianesimo, perché Neusner ha colto, secondo Israel, la vicinanza e l'affetto intelligente con cui Benedetto XVI ha instaurato le relazioni tra ebrei e cattolici. Un dialogo che secondo Neusner, da una parte è praticamente impossibile, dall'altra, paradossalmente, si deve ampliare, per includere anche l'islam.
    “Il dialogo deve diventare un “trialogo”, cosa che comunque non è naturale per i monoteismi”, spiega al Foglio Jacob Neusner. “La logica interna al monoteismo non genera tolleranza. C'è un solo Dio e c'è una sola verità, questo è il punto di partenza. Quindi le religioni non possono intraprendere dialoghi che mirino a negoziare la verità. La verità trascende la politica. Ciò a cui il Papa sta mirando, così sembra a me, è una teologia cattolica del giudaismo, una teologia che possa dispiegare dalle fonti del cristianesimo l'integrità del giudaismo. Questa stessa ricerca di una teologia cattolica del giudaismo provoca la formulazione di una teologia giudaica del cristianesimo, una teologia che attinga alle fonti della Torah di Mosè. Il futuro del dialogo giudeocristiano ora però porta all'inclusione dell'islam. E' giusto in questo senso l'affermazione dell'allora cardinale Ratzinger  che nel 2000 disse “la fede degli ebrei non è un'altra religione, ma il fondamento della nostra fede”, e io aggiungo che i tre monoteismi portano una relazione unica tra di loro, incomparabile con tutte le altre religioni”.

    C'è chi però nel mondo ebraico ha criticato i recenti passi del Vaticano, sia dal punto di vista religioso-liturgico sia dal punto di vista politico. In questo senso, relativamente alla crisi della Striscia di Gaza, si è espresso Robert Wistrich, direttore del Vidal Sassoon International Center di Gerusalemme, accusando duramente il Vaticano di reticenza e di silenzio, un silenzio forse motivato dalla paura ma che non fa onore alla chiesa cattolica che dovrebbe appoggiare moralmente Israele. Ma secondo Neusner non è quello il compito della chiesa: “Hamas è un nemico della pace, ha rifiutato la tregua e i suoi lanci di missili hanno fatto precipitare la guerra. Ma dato che la pace è l'obiettivo, il contributo del Vaticano si realizza al meglio attraverso la difesa della pace. Le pressioni su Hamas per far desistere i suoi attacchi di guerra possono prendere più di una forma. Tutti comprendono che quando Hamas desisterà dagli attacchi sulle città israeliane, la guerra finirà”. Ancora più netto è rispetto alle critiche di chi, come il rabbino di Venezia Elia Enrico Richetti, ha accusato il Papa attuale di procedere alla “cancellazione degli ultimi 50 anni di storia della chiesa”, riferendosi soprattutto agli aspetti liturgici come la liberalizzazione dei riti tradizionali in latino.

    Non sono d'accordo”, dice subito Neusner, “il cammino dell'ultimo mezzo secolo è irreversibile. Papa Benedetto XVI ha riaffermato in molti modi la sua amicizia con il popolo ebreo e il suo rispetto per il giudaismo. Ha ripreso la tradizione di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo. La sua visita negli Stati Uniti ha sottolineato la sua affermazione delle relazioni fraterne che legano giudaismo e cristianesimo. Le sinagoghe statunitensi e i rabbini hanno risposto alla sua benedizione con una loro propria benedizione”.
    Si avverte nelle parole del rabbino una profonda fiducia ispirata dal dialogo personale intrapreso con il Papa teologo per cui si dice totalmente d'accordo con Giorgio Israel quando afferma che “la memoria è fondamentale ma deve essere bene usata. Il modo migliore  di sviluppare i rapporti tra ebraismo e cristianesimo è di rivolgere lo sguardo al futuro. Va riconosciuto al cardinale Ratzinger di aver compreso questa necessità, di aver tentato di superare i limiti del dialogo dei primi decenni”. Insomma, è proprio grazie a uomini come Benedetto XVI che il dialogo giudaicocristiano ancora vive; quel dialogo, dice Neusner, “che la chiesa cattolica nella seconda metà del XX secolo ha inaugurato e che è stato riaffermato nella risposta che con cuore puro il Papa ha dato nel suo libro alla mia conversazione immaginaria inserita nel mio vecchio libro di oltre 15 anni fa. Questa impresa di riavvicinamento è opera di Dio, e andrà avanti. Il che non significa che non ci saranno rallentamenti. Ma la direzione che hanno preso le cose ormai è chiara”.

    di Andrea Monda

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