I volontari anglo-pachistani

In Afghanistan c'è una “guerra civile” tra soldati inglesi e inglesi jihadisti

Redazione

Il quotidiano britannico Independent ha messo in prima pagina una storia che già circolava tra i militari e i servizi d'intelligence. I soldati inglesi in Afghanistan stanno combattendo una “miniguerra civile surreale” – così la definisce un ufficiale di alto livello sentito dall'Independent – contro altri cittadini inglesi di religione musulmana che hanno raggiunto le zone degli scontri per unirsi ai talebani. Secondo i servizi segreti, i volontari dalla Gran Bretagna sono circa 4.000.

    Il quotidiano britannico Independent ha messo in prima pagina una storia che già circolava tra i militari e i servizi d'intelligence. I soldati inglesi in Afghanistan stanno combattendo una “miniguerra civile surreale” – così la definisce un ufficiale di alto livello sentito dall'Independent – contro altri cittadini inglesi di religione musulmana che hanno raggiunto le zone degli scontri per unirsi ai talebani. Secondo i servizi segreti, i volontari dalla Gran Bretagna sono circa 4.000. Pachistani di seconda generazione, cittadini inglesi a tutti gli effetti, cresciuti in seno a una comunità islamica da un milione e mezzo di fedeli: a partire dal 2001 – prima della caduta del regime dei talebani – hanno cominciato a viaggiare verso le aree tribali del Pakistan per ricevere addestramento militare nei campi della guerriglia legata agli arabi di di al Qaida. Alcuni sono tornati in patria e, sfruttando lo status di britannici naturalizzati, hanno organizzato e compiuto attentati a sorpresa dall'interno: così la quinta colonna di Leeds, che il 7 luglio 2005 ha attaccato il sistema dei trasporti pubblici di Londra. Altri hanno attraversato il confine a nord-ovest e hanno iniziato a combattere il loro esercito, a migliaia di chilometri da casa.
    Gli aerei spia Nimrod della Royal Air Force, in volo a dieci chilometri di altezza, intercettano le comunicazioni elettroniche dei guerriglieri talebani. Con sorpresa degli analisti, alcuni dialoghi sono in inglese, con accenti dello Yorkshire e delle West Midlands.

    Le intercettazioni dall'aria e da terra segnalano che negli ultimi mesi i dialoghi in inglese tra i talebani stanno aumentando. “Sentiamo molto più punjabi, urdu (la lingua ufficiale in Pakistan) e kashmiri urdu rispetto a prima”, dice una fonte militare. Questo dato di per sé è già pessimo: sta a significare che la guerriglia talebana non è più soltanto un movimento tribale pashtun, la grande etnia guerriera a cavallo tra i due paesi del sud asiatico, ma sta reclutando anche più a sud, nelle altre aree del Pakistan, e pure nel Punjab, la grande regione centrale della capitale. “In questo secondo gruppo – continua la fonte – che parla punjabi e urdu, ogni tanto qualcuno si mette a comunicare in inglese. Hai l'impressione che abbiano l'ordine di non parlare inglese, ma a volte non ce la fanno proprio”.

    Anche gli americani, che sull'Afghanistan e sulle zone tribali del Pakistan hanno steso la rete d'intercettazione elettronica più vasta, hanno segnalato a Londra il numero crescente di inglesi impegnati a combattere dalla parte sbagliata del fronte. Tra questi, alcuni sono stati addestrati in Pakistan per compiere attacchi nella regione contesa del Kashmir. Ma ora, dopo le tre giornate e i 175 morti di Mumbai, su quel fronte le azioni sono state congelate per timore di una grande rappresaglia delle forze armate indiane. Il governo di Islamabad tiene d'occhio i separatisti kashmiri, e quelli hanno spostato la propria zona d'operazioni in Afghanistan e hanno cambiato fronte, contro le truppe Nato.

    Ci sono altre prove della “mini guerra civile surreale”. La settimana scorsa il ministro inglese degli Esteri, David Miliband, ha visitato i soldati a Lashkargah, il loro bastione nella provincia di Helmand, Afghanistan meridionale, la più violenta del paese. Il generale Gordon Messenger gli ha mostrato i componenti delle bombe usate dai talebani contro i soldati: è tecnologia che arriva dall'Inghilterra. In alcuni casi si tratta di componenti semplici, radiocomandi per modellini di aereo o pezzi di telefonini cellulari; in altri sono parti sofisticate e consentono ai guerriglieri di fare esplodere le bombe contro le pattuglie inglesi da due chilometri di distanza. “Troviamo questi pezzi – ha spiegato un ufficiale degli artificieri a Miliband – ed è roba originale che arriva dal Regno Unito”. Come arriva fino ai campi di battaglia? “In due modi, con le spedizioni o consegnata di persona dagli islamisti britannici”. Tecnologia civile convertita in armi mortali, importata dalla Gran Bretagna da corrieri che diventano guerriglieri. Nel febbraio 2008 l'Alta corte inglese ha condannato all'ergastolo Parviz Khan, 37 anni, cittadini britannico di Birmingham di origini pachistane: era il capo di una cellula di cinque persone che progettava di rapire soldati dalle loro case inglesi e di decapitarli davanti a una telecamera, per portare la guerra afghana in patria. Tra gli altri capi d'accusa: “Ha fornito equipaggiamento a terroristi in Pakistan”.

    Lo scorso agosto un altro generale, Ed Butler, che è stato comandante di tutte le forze inglesi in Afghanistan, aveva segnalato il problema al comando: ci sono islamisti britannici che ci combattono. “Abbiamo trovato passaporti inglesi sui morti, in posti come Kandahar. C'è un legame tra Kandahar – la città santa dei talebani, nel sud del paese – e alcune periferie urbane in Gran Bretagna. E' una cosa che i soldati ormai sanno, ma il pubblico non conosce ancora”.

    La “guerra civile” tra inglesi in Afghanistan è il grande fallimento del patto di sicurezza stretto negli anni Novanta tra il governo inglese e gli estremisti immigrati da ogni parte del mondo islamico. Nel 1994 i due grandi futuri ideologi di al Qaida, Abu Qatada e Abu Musab al Suri, stampavano e distribuivano nel centro della capitale al Ansar, “L'Armata”, una rivista radicale che sponsorizzava le stragi islamiche in Algeria. Furono loro a convincere Osama bin Laden a pensare in grande, al jihad internazionale, e non più soltanto al fronte afghano anticomunista. Il governo sapeva e chiudeva un occhio, cullandosi nella neutralità. Poi il patto si è rotto, per una ragione semplice. L'ha spiegata qualche tempo fa al mensile inglese Prospect Hassan Butt, ex portavoce del movimento al Muhajiroun, che reclutava giovani da mandare al fronte in Afghanistan a fianco dei talebani. “C'è differenza tra i cittadini e chi ha soltanto un visto o un permesso di soggiorno. Quando quelli arrivavano dal medio oriente, inseguiti dalle polizie segrete, e chiedevano ‘Gran Bretagna proteggimi', entravano implicitamente nel patto di sicurezza. C'è un hakum, un ordine islamico. ‘Tu proteggi la mia vita e quindi io non ti farò del male'. Ma ora gli estremisti di seconda generazione, i giovani, sono nati sul suolo britannico. Sono già cittadini per legge. Non hanno nessun debito con il governo. Non hanno chiesto di nascere qui e nemmeno di essere protetti. Per loro non vale nessun hakum”.
    Butt ha lasciato al Muhajiroun perché è un'organizzazione troppo moderata. “Crede che i musulmani non possano colpire la Gran Bretagna. Io non sono a favore di un'azione militare qui, non è la cosa più saggia, ma non mi faccio nemmeno problemi dal punto di vista della mia fede”.

    Il fronte afghano è per Londra il lato selvaggio della questione islamica, dove per ora si si sfoga la battaglia demografica e religiosa. Ci sono quattro voli pieni a settimana tra Islamabad, capitale del Pakistan, e Bedford, nello Yorkshire (l'accento ascoltato dagli aerei spia in Afghanistan). Due settimane fa proprio un anglopachistano dello Yorkshire, Lord Nizam Ahmed, eletto alla Camera, ha minacciato di assediare Westminster con diecimila manifestanti. E' riuscito così a far dichiarare persona non gradita e a far espellere dal paese – “per motivi di ordine pubblico” – il parlamentare olandese Geert Wilders, critico durissimo dell'islam.