Traffico nella guerra dei cieli, droni pachistani in Messico

Redazione

L'effetto psicologico dei velivoli senza pilota sul nemico è devastante. Ti osserva, ti punta, ti distrugge. In Iraq era l'arma americana più temuta dai terroristi di al Qaida, ora tutte le nazioni si sono costruiti le proprie versioni. Persino Hezbollah ha i suoi e li ha già usati in guerra.

    Droni iraniani sull'Iraq. Lo scorso 24 febbraio gli aerei americani hanno seguito per un'ora e dieci minuti un drone iraniano, un piccolo aereo senza pilota comandato da terra. Considerato l'alto numero di questi velivoli robot americani in missione sopra l'Iraq per filmare e bombardare i terroristi, i piloti di caccia saranno stati paralizzati dal dubbio: possibile che questo non sia dei nostri? Possibile. Era un Ababil 3, interamente progettato e costruito in Iran, e forse già usato per spiare i talebani nel vicino Afghanistan e le navi americane nel Golfo. E' stato abbattuto. L'Ababil, “rondine”, piccolo e maneggevole anche per gli standard di questo tipo di aerei robot, non ha nemmeno bisogno di una pista di decollo, facilmente rilevabile dai satelliti. Può essere lanciato da una catapulta pneumatica sopra un camion. Così è difficilissimo capire il punto esatto da cui è partito. 

    Droni israeliani sull'Iran. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad accusa Israele di aver rovinato il lancio del satellite iraniano Omid, “Speranza”: droni israeliani hanno sorvolato ad alta quota il sito di partenza, interferendo con i sistemi di comunicazione. La messa in orbita del satellite era prevista per il 20 gennaio, giorno dell'insediamento del presidente Barack Obama, ma il maltempo e le “interferenze” hanno fatto ritardare tutto. Ahmadinejad dice di aver considerato l'idea di far alzare in volo i caccia iraniani per abbattere i droni, ma poi – e non spiega perché – non ha fatto nulla. Il presidente iraniano potrebbe essere non attendibile: denunciò le macchine per i controlli a raggi x al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York come un complotto sionista per farlo ammalare e toglierlo di mezzo. Un esperto iraniano, Meir Javendafar, sostiene la tesi dei droni infiltrati: il nuovo obbiettivo della campagna clandestina contro l'Iran – dice – è non soltanto ostacolarne i progressi dell'industria militare, ma anche metterne in imbarazzo la leadership.

    Droni israeliani sull'Iran / 2. L'industria aerospaziale di Israele sta sviluppando una nuova generazione di droni killer per rispondere alla mossa di Teheran, che sta acquistando dalla Russia il temibile e sofisticato sistema antiaereo Sa 300. Il sistema russo è composto da missili e rampe di lancio mobili, facilmente spostabili e mimetizzabili, che non possono essere neutralizzate preventivamente e potrebbero distruggere un'ondata di aerei mandata a fermare il programma atomico iraniano. Il drone killer, battezzato Harop, può viaggiare per mille chilometri, sorvolare l'area assegnata e attaccare qualsiasi radar ostile. L'idea è: lo mandiamo vicino ai siti nucleari e quando le rampe di lancio mobili del nemico si attivano per colpire i nostri aerei, lo Harop sospeso in volo le controfulmina. Il drone può anche individuare e colpire i silos dei missili mentre si stanno aprendo e grazie alla sua bassa velocità e ai bassi consumi di carburante può resistere in missione per diverse ore.

    Droni iraniani capaci di volare su Israele. Il viceministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi, ha appena annunciato che le industrie nazionali hanno costruito un drone capace di volare per mille chilometri. Fino a raggiungere Israele. Resta da vedere se il drone è capace di violare lo spazio aereo senza essere individuato.

    Droni pachistani sul confine messicano. La Integrated Dynamics, un'azienda che si occupa di tecnologia militare a Karachi, costruisce i droni per l'esercito del Pakistan. Considerato che gli aerei robot pachistani costano 20 mila dollari contro i 200 mila di quelli prodotti negli Stati Uniti e che l'esercito ha un grande bisogno di droni sofisticati in Iraq e Afghanistan, il dipartimento della Sicurezza nazionale li ha comprati per sorvegliare il confine con il Messico infestato da violentissime bande di narcotrafficanti. Il segretario alla Difesa Robert Gates ha appena promesso un coinvolgimento più profondo a fianco del governo messicano: è verosimile che le missioni degli aerei allargheranno il loro raggio d'azione. E se scoprissero – si chiedono gli analisti –  una di quelle fortezze-raffinerie dei narcos inespugnabili dalla polizia messicana, debole e corrotta, come si dovrebbero comportare? Dovrebbero fare come in Pakistan e colpire? Il Pentagono ha messo il Messico in cima alla lista dei pericoli per la Sicurezza nazionale, davanti all'Afghanistan e all'Iraq.

    I droni della Task Force Odino. Gli americani vogliono importare in Afghanistan una delle tattiche antiguerriglia più efficaci sperimentate in Iraq. Prima del febbraio 2007, prima del “surge” del generale Petraeus, gli americani operavano centinaia di droni nei cieli iracheni ma riuscivano a scoprire soltanto una piccola parte delle trappole esplosive sulle strade, responsabili per la maggioranza delle perdite fra i soldati. Fu creata la Task Force Odin, un gruppo misto di piloti di droni, analisti di immagini e guru della tecnologia delle comunicazioni. Obiettivo: riconquistare il controllo delle strade. Il network doveva osservare dall'alto i guerriglieri/terroristi mentre piazzavano le bombe, trasmettere le loro coordinate e colpirli. All'inizio Odin andava a rilento e per riuscire a eliminare un bombarolo impiegava settimane di lavoro. Poi ha preso un ritmo micidiale: un nemico eliminato al giorno. A gennaio 2008 aveva spazzato via dalle strade irachene circa 2400 terroristi. Uno dei metodi usati dai guerriglieri per nascondere le bombe era versare benzina sull'asfalto, accendere un fuoco e aspettare che il calore liquefacesse il manto stradale per seppellire l'ordigno. Per i sensori di calore dei droni, un invito irresistibile a colpire. Ora il Pentagono sta per spendere cento milioni di dollari in una nuova base a Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, che ospiterà altri ventisei droni da usare contro i talebani, per replicare la campagna aerea in Iraq.

    Droni di Hezbollah su Israele. Tra i sistemi d'arma più sofisticati forniti dagli iraniani ai terroristi libanesi di Hezbollah ci sono due tipi di droni, l'Ababil, come quello abbattuto dagli americani il 24 febbraio  in Iraq, e il Misrad, “il migrante”. I primi voli di ricognizione operati dalle milizie libanesi sono stati effettuati nel novembre 2004 e aprile 2005. Durante la guerra dell'estate 2006 Hezbollah li ha fatti volare nei cieli di Israele. Almeno uno è stato abbattuto dai jet da combattimento israeliani.

    Il drone e la guerra al terrorismo. L'arma preferita dai terroristi è lo Ied, Improvised Explosive Device, la bomba nascosta in strada, in una macchina, nel retro di un camion, dietro la porta di una casa. L'arma scelta dagli Stati Uniti è il drone: oggi i militari ne hanno a disposizione circa 5.000, venticinque volte più che nel 2001. Al Qaida in Iraq ha ammesso che è la sola arma americana di cui hanno paura. Quando i terroristi hanno cominciato a diffondere su Internet i video di operazioni spettacolari, autobombe suicide, decapitazioni, assalti a stazioni di polizia, gli americani hanno risposto facendo circolare i video ripresi dalle telecamere dei droni. Il velivolo robot spia i terroristi che fuggono a bordo di un auto, segue il veicolo in mezzo al traffico per chilometri fino a quando non raggiunge una zona deserta, lo punta con un missile Hellfire, lo disintegra. L'effetto “morte che arriva a sorpresa dall'alto” è psicologicamente devastante. Come fai a sapere che un drone non ti sta osservando?

    Il Taepadong 2 nordcoreano sulla rampa. In aperta sfida alla comunità internazionale, la Corea del nord ha annunciato il lancio di prova della nuova versione del suo missile balistico intercontinentale. Il regime ha avvisato l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile e l'Organizzazione marittima internazionale che il lancio avverrà tra le sette di mattina e le cinque di pomeriggio, tra il 4 e l'8 aprile. Gli aerei civili devono tenersi alla larga e le imbarcazioni non devono entrare in zone di mare prestabilite al largo della costa nordorientale della Corea. Questa finestra di lancio include l'8 aprile, apertura della prima sessione dell'undicesima Assemblea suprema del popolo. Se il test missilistico avesse successo, darebbe lustro al regime. Pyongyang ha avvisato per la prima volta anche gli organi di controllo internazionale: così ha guadagnato un punto di diritto secondo la legge fra stati. Se il missile sarà abbattuto, la Corea del nord potrà chiedere un risarcimento e soprattutto avrà un prestesto legale per non scatenare subito una guerra, come ha invece minacciato.

    Tutti in attesa del missile. Stati Uniti e Corea del sud sono impegnati in una grande esercitazione navale al largo della Corea del nord, per mostrare con discrezione i muscoli. Il regime ha già risposto: considera le manovre come “la preparazione di un attacco”. Il ministro della Difesa di Tokyo ha annunciato che il Giappone è pronto ad abbattere qualsiasi razzo nordocreano diretto contro il proprio territorio. Alcuni strateghi americani si chiedono: “Perché non lo abbattiamo noi, il missile?”. E' l'occasione giusta per provare dal vivo il sistema di difesa degli Stati Uniti, fino a oggi testato soltanto in condizioni artificiali. La diplomazia sconsiglia. E la Russia teme che alcuni pezzi del razzo cadranno sulle proprie isole occidentali. “Potrebbero esserci incidenti”.