La road map de facto
Il premier palestinese Fayyad ha annunciato che in due anni ci sarà uno stato palestinese de facto, al di là dei negoziati, delle road map e dei meeting che da sempre scandiscono l'inefficacia della strategia dei passi coordinati. I palestinesi vogliono fare uno stato per, certo, liberarsi dall'occupazione di Israele, ma anche per “dare stabilità alla regione” e avviare un percorso “per attirare investimenti stranieri”.
Il premier palestinese Fayyad ha annunciato che in due anni ci sarà uno stato palestinese de facto, al di là dei negoziati, delle road map e dei meeting che da sempre scandiscono l'inefficacia della strategia dei passi coordinati. I palestinesi vogliono fare uno stato per, certo, liberarsi dall'occupazione di Israele, ma anche per “dare stabilità alla regione” e avviare un percorso “per attirare investimenti stranieri”. Vogliono esistere e non soltanto resistere.
E' una novità importante che va gestita e monitorata: già nel 1999 Arafat annunciò la volontà di creare uno stato palestinese, ma lo fece a corredo del “no” a tutte le concessioni – e allora erano davvero tante – fatte dalla comunità internazionale. Era uno stato di sfida, non certo la coronazione dell'ideale dei due popoli due stati vicini e in pace. Fayyad – che pure è un uomo molto solo, ancor più del rais Abu Mazen confinato in Cisgiordania – non appare come un provocatore, ma come uno che ha capito che l'iniziativa di uno stato deve venire prima di tutto da chi abiterà quello stato.
Il controllo del territorio è indispensabile e l'Anp non ce l'ha: Gaza è la terra di Hamas (o al limite di al Qaida) e chi è sospettato di essere di al Fatah non ha vita lunga. Ma lo stato dei palestinesi deve comprendere tutti, e soltanto i palestinesi possono riunirsi – con gli accordi o con la forza, saranno loro a deciderlo. L'annuncio di Fayyad è in questo senso il segnale di un nuovo senso di responsabilità ed è il risultato di un approccio alla questione israelo-palestinese inaugurato dall'ex premier Sharon. Fu lui, nel 2005, a decidere in contrasto con tutti, a partire dal suo partito e dai suoi amici, di ritirarsi unilateralmente da Gaza. Basta con i passi coordinati – disse Sharon – vi lasciamo la terra che desiderate, ce ne andiamo da soli. Sradicò i settlers dalle loro case e dalle loro terre – “soffro”, ammise durante un accorato messaggio agli israeliani nei giorni terribili e grandiosi del ritiro – e disse ai palestinesi: ora di questa terra fatene buon uso. Il suo appello è rimasto inascoltato, ma Fayyad oggi riaccende una speranza.
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