Obama: "Non sarete dimenticati"
Perché il primo ad arrivare ad Haiti sarà Clinton
Haiti non ha mai ritrovato stabilità, è il paese più povero di tutto l'emisfero occidentale. Clinton ieri ha detto: “I miei pensieri e le mie preghiere vanno al popolo di Haiti. Faremo tutto quello che è nel nostro potere per portare aiuti e poi per la ricostruzione”. Anche Hillary Clinton, oggi a capo del dipartimento di stato e anche lei innamorata di Haiti, ha messo subito in moto la macchina del governo americano per portare navi ospedali e far arrivare personale e fondi al più presto.
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Bill Clinton si innamorò di Haiti nel 1974, quando ci andò in vacanza con sua moglie Hillary, dopo che era stato sconfitto alle elezioni per diventare deputato: voleva riprendersi dalla batosta e capire se valesse la pena riprovarci oppure abbandonare ogni velleità politica. Vide una cerimonia in cui un uomo si passava una torcia su tutto il corpo senza bruciarsi e una donna che colpiva e staccava la testa a un pollo. Rimase colpito. “Sono sempre stato affascinato dalle culture che cercano di trovare un senso alla vita”, avrebbe confessato Clinton anni dopo in un'intervista al Miami Herald. Da allora le sue vicende personali e politiche si sono – nel bene e nel male – intrecciate con il destino dell'isola caraibica.
Oggi Clinton è l'inviato delle Nazioni Unite per Haiti, sarà il primo ad arrivare non appena sarà possibile organizzare una missione, è stato il primo ad attivarsi, attraverso la sua cassaforte filantropica Global Initiative, e a sollecitare l'Amministrazione americana a un'immediata reazione. Ad Haiti Clinton ha anche fatto la sua prima, contestata, missione all'estero da presidente degli Stati Uniti. Era il 1994 e ordinò all'esercito americano di intervenire per riportare al potere Jean-Bertrand Aristide, l'ex sacerdote diventato presidente nel 1991 e subito destituito da un golpe militare. Tre anni dopo Clinton lo riportò al potere.
Dal 1995 la missione fu presa in mano dalle Nazioni Unite e ancora oggi circa novemila Caschi blu sono sull'isola (o forse si deve dire erano, perché pare ormai certo che i vertici della missione sono rimasti uccisi nel terremoto e chissà quanti altri di loro). Il bilancio del primo intervento di Clinton è sempre stato controverso, se non negativo. Aristide non è mai riuscito a dare all'isola un seppur vago senso di stabilità. Clinton allora se la prese con i repubblicani del Congresso che avevano rifiutato a Haiti l'assistenza finanziaria che lui considerava necessaria. Ma il problema era che il presidente aveva una fiducia rivelatasi eccessiva nella capacità di Aristide di riportare il paese alla pace: l'allora direttore della Cia, James Woolsey, diceva che il presidente era convinto che Aristide fosse il Thomas Jefferson di Haiti, quando invece secondo le fonti dell'intelligence l'ex sacerdote aveva problemi psicologici e pure un paio di omicidi sulla coscienza.
Comunque stessero le cose, l'operazione Aristide non funzionò, e non funzionò neppure qualche anno dopo, quando nel 2000 Aristide si sarebbe ricandidato vincendo le elezioni per poi essere cacciato un'altra volta nel 2004. Clinton non ha mai ammesso i propri errori in quella sfortunata missione, ma proprio nel 2004 ha ribadito che il multilateralismo e le risposte coordinate rappresentano l'unica vera soluzione alle crisi globali, “le nazioni si dividono le responsabilità e i costi, si riduce il risentimento verso gli Stati Uniti e si impara a cooperare”.
Haiti non ha mai ritrovato stabilità, è il paese più povero di tutto l'emisfero occidentale. Clinton ieri ha detto: “I miei pensieri e le mie preghiere vanno al popolo di Haiti. Faremo tutto quello che è nel nostro potere per portare aiuti e poi per la ricostruzione”. Anche Hillary Clinton, oggi a capo del dipartimento di stato e anche lei innamorata di Haiti, ha messo subito in moto la macchina del governo americano per portare navi ospedali e far arrivare personale e fondi al più presto. E se la scommessa politica su Haiti da parte dei Clinton finora è stata persa, la lezione della cooperazione nelle emergenze è invece uno dei loro piatti forti. Assieme ai Bush, padre e figlio (che allora era presidente), Clinton attivò con successo gli aiuti per le vittime dello tsunami nel sud est asiatico, nel dicembre del 2006.
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