Iran più armato e nucleare

Il “cazzotto” di Teheran all'occidente inizia a fare male già in Iraq

Redazione

Nella settimana della celebrazione della Rivoluzione d'Iran il regime sfodera il suo schema più rodato: escalation nucleare e militare, Guardie e bassiji schierati, retorica antioccidentale. Il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, ha detto che l'arricchimento dell'uranio si intensificherà, sbugiardando nel giro di quarantott'ore il suo ministro degli Esteri, Manoucher Mottaki, arrivato venerdì a sorpresa alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza per un colloquio “molto buono” con il capo dell'Agenzia atomica dell'Onu, il giapponese Yukiya Amano.

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    Nella settimana della celebrazione della Rivoluzione d'Iran – giovedì, il 22 di Bahman secondo il calendario persiano – il regime sfodera il suo schema più rodato: escalation nucleare e militare, Guardie e bassiji schierati, retorica antioccidentale. Il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, ha detto che l'arricchimento dell'uranio si intensificherà, sbugiardando nel giro di quarantott'ore il suo ministro degli Esteri, Manoucher Mottaki, arrivato venerdì a sorpresa alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza per un colloquio “molto buono” con il capo dell'Agenzia atomica dell'Onu, il giapponese Yukiya Amano. Poche ore dopo anche il presidente dell'Organizzazione atomica dell'Iran, Ali Akbar Salehi, ha annunciato che nel prossimo anno saranno costruiti dieci siti nucleari e che a partire da oggi l'uranio sarà arricchito al 20 per cento (finora era al tre per cento), come è stato comunicato in una lettera arrivata ieri all'Aiea. La collaborazione con l'esterno è interrotta, ha sottolineato Salehi, “possiamo fermare i nostri impianti quando vogliamo”, basta che la comunità internazionale faccia quel che vogliamo noi. Altrimenti varrà la parola della Guida Suprema, Ali Khamenei: “Sferreremo un cazzotto tale all'arroganza dell'occidente, che lo lascerà stordito”. Per farlo ci saranno i nuovi droni e il sistema di “difesa, controllo e attacco” messo a punto da Teheran.

    La diplomazia americana, per bocca del segretario di stato Hillary Clinton, difende la politica dell'engagement, perché ha reso evidente il fatto che sia Teheran a non voler collaborare, non certo il contrario; il capo del Pentagono, Robert Gates, ha lasciato ieri l'Italia per andare in Francia a ribadire la linea: stiamo uniti sulle sanzioni. Questa settimana ci sarà il primo incontro al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per definire la bozza delle misure economiche, si sa che la Cina è recalcitrante, ma ieri Russia, America ed Europa hanno condannato il regime per l'oppressione e chiesto misure forti contro i progetti atomici. Però Washington non può attendere oltre, ne va della credibilità della sua strategia – la mano non sarà tesa all'infinito, ha detto più volte Barack Obama –, della vita di migliaia di iraniani che subiscono la repressione del regime, e anche della tenuta della linea americana su altri fronti. Come sanno bene i soldati italiani in Afghanistan, la mancata collaborazione da parte dell'Iran nella lotta contro i talebani è pericolosa: sono sempre di più le infiltrazioni di armi e uomini sul confine tra Herat e la Repubblica islamica. Ma è soprattutto l'Iraq ad agitare gli Stati Uniti.

    Questo è l'anno del ritiro americano da Baghdad, Teheran lo sa, e così ha ricominciato con forza a far sentire la sua voce nella complicata rete di rapporti che tiene in piedi l'Iraq. Asaib al Haq (Lega dei giusti), una sigla che raggruppa i fuoriusciti dall'Esercito del Mahdi di Muqtada al Sadr, fiancheggiata da Teheran, ha rapito un contractor statunitense di cui ha mostrato il video (con il civile in tenuta militare) lo scorso fine settimana. Il sequestro arriva a un mese dalla liberazione da parte degli americani del capo di Asaib al Haq, Qais Qazali, all'interno di un processo di riconciliazione deciso insieme, ma evidentemente già violato. Asaib al Haq e le Brigate di Hezbollah, legate al Partito di Dio libanese, sono addestrati in campi in Iran. A fornire istruzioni, campi e armi – secondo i report statunitensi sdegnosamente smentiti da Teheran – sono le Forze di Quds, le forze speciali delle Guardie della Rivoluzione che operano fuori confine, la minaccia più pericolosa nella regione.

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