La bionda irlandese e la morte di un uomo di Hamas a Dubai
Al primo piano dell'hotel al Bustan Rotana, dalla maniglia della stanza 130 penzola il cartellino “do not disturb”. L'uomo che alloggia in quella camera nel lussuoso albergo di Dubai è geloso della privacy. Ha scrupolosamente preteso una stanza senza balconi e con finestre protette. E' la mattina del 20 gennaio scorso. La moglie dell'uomo ha provato molte volte a chiamarlo sul telefono cellulare dalla Siria. Nessuna risposta. Più tardi si scopre che, anche ignorando l'avviso sulla porta, non si sarebbe disturbato nessuno.
Gerusalemme. Al primo piano dell'hotel al Bustan Rotana, dalla maniglia della stanza 130 penzola il cartellino “do not disturb”. L'uomo che alloggia in quella camera nel lussuoso albergo di Dubai è geloso della privacy. Ha scrupolosamente preteso una stanza senza balconi e con finestre protette. E' la mattina del 20 gennaio scorso. La moglie dell'uomo ha provato molte volte a chiamarlo sul telefono cellulare dalla Siria. Nessuna risposta. Più tardi si scopre che, anche ignorando l'avviso sulla porta, non si sarebbe disturbato nessuno. Nella stanza c'è soltanto un cadavere con alcuni segni sul corpo. Sul cuscino le tracce di una perdita di sangue dal naso.
Benché sui registri dell'albergo appaia un altro nome, l'uomo ucciso nella stanza 130 è Mahmoud al Mabhouh, che ha un ruolo pesante nell'organigramma di Hamas. L'affastellarsi di dettagli e di “pare che” fa trasparire una spy-story. Mahmoud al Mabhouh non era un personaggio granché noto né in Israele né nella Striscia di Gaza, nonostante 30 anni di attività nelle organizzazioni palestinesi. Tra i fondatori delle Brigate Izzedine al Qassam, secondo le fonti di intelligence, al Mabhouh ricopriva in Hamas il ruolo di intermediatore con l'Iran; tra i suoi compiti, procurare armi da far filtrare a Gaza. Da subito, né la polizia di Dubai né gli uomini di Hamas, che conducono indagini in proprio, hanno escluso che al Mabhouh sia stato ammazzato da qualcuno con cui era entrato in frizione nel corso dei suoi traffici di armi e cioè da uomini di qualche paese arabo a lui ostile (nel suo curriculum c'è anche un breve soggiorno in un carcere egiziano).
Fin dall'inizio la strada più battuta è stata quella che porta al Mossad. La sua uccisione potrebbe essere stata decisa dai servizi segreti di Gerusalemme per una duplice motivazione, punitiva e preventiva.
Come sostiene Hamas, al Mabhouh, nato cinquant'anni fa nel campo di Jabaliya nel nord della Striscia, è il responsabile del rapimento nel 1989 di due sergenti israeliani, Ilan Saadon e Avi Sasportas, poi uccisi. Quindi il Mossad potrebbe averlo colpito per vendicare ventun'anni dopo i due soldati, secondo il ben noto schema raccontato dal film “Munich” di Steven Spielberg. Ma si tratterebbe soprattutto di una eliminazione “preventiva”, considerato che al Mabhouh dalla sua sede di Damasco, dove viveva da anni con moglie e figli, era tra i protagonisti dell'asse che unisce Hamas all'Iran, a Hezbollah e alla Siria. Israele, come di consueto, non ammette che il Mossad abbia ucciso al Mabhouh, ma neppure nega. Da un lato la non rivendicazione garantisce da eccessive proteste (nel caso in cui le inchieste indichino responsabilità israeliane, gli Emirati minacciano un mandato di arresto contro il premier Benjamin Netanyahu). Dall'altro, anche qualora Gerusalemme fosse estranea alla vicenda, il non negare che ci sia la mano del Mossad nell'esecuzione di al-Mabhouh, tecnicamente perfetta, contribuisce a circonfondere nuovamente i servizi segreti israeliani di quell'alone di leggendaria efficienza che negli ultimi anni si era un po' diradato.
I ministri israeliani – racconta il Jerusalem Post – sorridono sibillini e Daniel Hershkowitz, ministro della Scienza, si limita a dire: “La mia impressione è che il Mossad sa come svolgere un lavoro ed è cosa nota che chiunque alzi una mano su un ebreo mette a rischio la sua vita”. Sull'uccisione di al Mabhouh, poche certezze, molti dati probabili e supposizioni già accantonate, come quella espressa da un dirigente di Hamas, secondo cui chi ha eliminato al Mabhouh avrebbe viaggiato con Uzi Landau, ministro israeliano in visita a Dubai per un summit. Ma comincia a emergere una possibile ricostruzione dell'accaduto.
La mattina del 19 gennaio al Mabhouh si imbarca con nome fasullo sul volo EK 912 della Emirates. Nel primo pomeriggio atterra a Dubai. Pur già sfuggito a vari attentati, al Mabhouh è senza scorta e offre la grande occasione a chi forse gli dà la caccia da anni. Prende un taxi e alle quattro è nella sua stanza. Si fa la doccia, si cambia. Alle cinque esce. Sta fuori qualche ora, forse fa uno spuntino. Non si sa chi abbia incontrato. Un suo fratello dice che il viaggio a Dubai era legato all'attività in campo tessile che affiancava alla militanza in Hamas. Altri parlano di un incontro con emissari iraniani. Secondo altre voci, Dubai era soltanto una tappa di un viaggio più lungo. Alle nove circa, comunque, torna in camera.
Alle 21.30 la moglie gli telefona. Lui non risponde. Pare che in quella mezz'ora una ragazza bionda con l'uniforme dell'hotel bussi alla porta. Lui apre. Entrano in azione circa dieci persone tra cui alcune donne. Al Mabhouh viene colpito più volte con una stun gun, una pistola che emette scariche elettriche. Poi viene soffocato con un cuscino. Forse viene anche avvelenato. Secondo la polizia locale, la squadra, che si muove con documenti irlandesi, abbandona gli Emirati prima che sia scoperto il corpo di al Mabhouh. Dietro di sé lascia pochissime tracce, complice il gran via vai di stranieri e il clima cosmopolita di una città in cui è facile confondersi, al contrario di quanto accade in altri stati arabi provvisti di polizie occhiute.
Per ora gli Emirati sono stati immuni da attacchi in grande stile di matrice qaidista. Ma, tra high-society e mercanteggiamenti triangolari che vi trovano sede, Dubai sta diventando una capitale dei gialli internazionali. Lì il ceceno Sulim Yamadayev è stato freddato fuori da una residenza di lusso. Lì la popstar libanese Suzanne Tamim è stata trucidata su ordine del ricchissimo amante deluso egiziano. La permanenza a Dubai di al Mabhouh è durata un solo pomeriggio.
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