Il colpo di Dubai incrina Hamas

Redazione

Sbraitano tutti, dall'Australia alla Gran Bretagna. Sbraitano contro Israele e il coinvolgimento del Mossad nell'uccisione a Dubai di un capo di Hamas, Mahmoud al Mabhouh, soffocato con un cuscino da un commando di almeno 26 persone. Sbraitano perché Israele non può andarsene in giro per il medio oriente a fare omicidi mirati lasciando ai killer passaporti falsi di persone che esistono davvero, inconsapevoli cittadini inglesi, tedeschi, irlandesi, australiani.

    Sbraitano tutti, dall'Australia alla Gran Bretagna. Sbraitano contro Israele e il coinvolgimento del Mossad nell'uccisione a Dubai di un capo di Hamas, Mahmoud al Mabhouh, soffocato con un cuscino da un commando di almeno 26 persone. Sbraitano perché Israele non può andarsene in giro per il medio oriente a fare omicidi mirati lasciando ai killer passaporti falsi di persone che esistono davvero, inconsapevoli cittadini inglesi, tedeschi, irlandesi, australiani. Gli Emirati arabi vogliono spiccare un mandato di cattura contro il premier di Gerusalemme, Bibi Netanyahu; il governo di Canberra ha convocato l'ambasciatore israeliano in Australia per avere spiegazioni; il governo di Dubai dice di avere il dna di uno degli assassini. Ma nel clamore internazionale, sfugge ai più che quell'assassinio sta scoperchiando la crisi interna non soltanto ai palestinesi – le accuse riguardo alle responsabilità nell'omicidio di Dubai ricadono su Israele e anche su Fatah, il partito del rais dell'Autorità palestinese, Abu Mazen – ma nello stesso gruppo di Hamas. Nessun colloquio, nessuna visita diplomatica, nessuna road map, nessuna apertura avrebbe potuto ottenere tale effetto.

    All'interno del gruppo palestinese che malgestisce la Striscia di Gaza è in atto un regolamento di conti. La leadership in esilio a Damasco è sempre più intransigente, mentre quella a Gaza subisce gravi colpi, nelle persone e nelle finanze. E' notizia di ieri che Mahmoud al Zahar (nella foto), un pezzo grosso di Hamas a Gaza, si è dimesso dal gruppo che negozia sulla liberazione del caporale israeliano Shalit dopo l'ennesima rissa con il leader di Hamas a Damasco, Khaled Meshaal. Zahar voleva dare seguito ad alcune richieste di Israele, Meshaal no, e così ha imposto a Zahar di andarsene. Non è una frattura da poco, se si considera che soltanto in questa settimana si è scoperto che il figlio dello sceicco Yousef, un fondatore di Hamas, è stato per anni un agente dei servizi israeliani prima di convertirsi al cristianesimo e andare a vivere in California. Dopo l'omicidio di Dubai si è aperta un'inchiesta dentro a Hamas e perdura uno strano, inquietante silenzio stampa. Come se la crisi interna fosse davvero grave, pure se le cancellerie occidentali che sbraitano contro Israele continuano a non notarla.