Tra Suez e Beirut

Chi bloccherà il via vai di navi “pacifiste” verso Gaza?

Redazione

I convogli della pace che tentano di forzare il blocco navale israeliano al largo di Gaza picchiano sull'equilibrio che regge la tregua, già poco speranzosa, in medio oriente. Ieri il Libano ha autorizzato la Julia a “salpare per Cipro”: si tratta di una finzione politica per lasciare partire dalle coste libanesi una nave che tutti sanno diretta invece a Gaza, e che come tale non potrebbe ricevere l'autorizzazione a lasciare il molo – così dice la legge.

    I convogli della pace che tentano di forzare il blocco navale israeliano al largo di Gaza picchiano sull'equilibrio che regge la tregua, già poco speranzosa, in medio oriente. Ieri il Libano ha autorizzato la Julia a “salpare per Cipro”: si tratta di una finzione politica per lasciare partire dalle coste libanesi una nave che tutti sanno diretta invece a Gaza, e che come tale non potrebbe ricevere l'autorizzazione a lasciare il molo – così dice la legge. Tra Libano e Israele c'è una situazione incerta di stallo, dopo la guerra contro Hezbollah sospesa nell'agosto del 2006 dalla risoluzione 1.701 dell'Onu. Ogni pretesto, dicono gli osservatori, innescherà di nuovo la violenza, considerato che oggi Hezbollah a Beirut è dentro il governo e nel sud del paese si sta armando nell'indifferenza, o piuttosto con la benedizione, dei politici un tempo avversi: “Le armi di Hezbollah sono essenziali per difendere il paese contro Israele”, dice il volubile capo dei drusi, Walid Jumblatt, che fino a due anni fa era uno tra i loro convinti oppositori.

    Le navi pacifiste che fanno rotta “verso Cipro”
    sono tagliate alla perfezione sulla politica del Libano, anti israeliana ma senza troppo scoprirsi. Da oggi a ottobre potrebbero salparne fino a cinquanta. Per Israele, il guaio delle partenze dalle coste libanesi è che la rotta è corta e lascia poco tempo alle squadre della marina per intervenire, in un tipo di operazione che può finire in disastro come tre settimane fa con la nave turca Mavi Marmara.
    Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, avverte che riterrà responsabile il Libano se qualcosa andrà male. Il quartier generale della missione militare Unifil, da New York, dice che i soldati Onu devono bloccare le navi dirette a Gaza perché violano la risoluzione 1.701. Ma il comando locale a Naqoura smentisce: l'ordine non c'è. Il contingente prova a defilarsi dal possibile scontro. La Germania ha appena ridotto il numero dei suoi uomini da 800 a 300 e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in un recente vertice con il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe detto, secondo il quotidiano libanese as Safir: “Se intendete attaccare, prima avvertiteci”.

    Dall'Iran verso Gaza muove un altro gruppo di tre navi “umanitarie”, con lo stesso carico di provocazione travestita da aiuto che ieri ha fatto dire al generale pasdaran Rostam Qasem: “Americani, lasciate che vi aiutiamo noi con la nostra esperienza a tappare la falla petrolifera nel vostro Golfo”. Qasem ha naturalmente offerto l'aiuto di una delle compagnie iraniane colpite dalle sanzioni di Washington. Prima del passaggio delle navi iraniane attraverso lo Stretto di Suez, che Israele ha chiesto senza risposta di bloccare, in senso opposto sono transitate 11 navi da guerra americane e una corvetta israeliana, in rotta verso il Golfo Persico. Vanno a raggiungere tre sottomarini nucleari israeliani già parcheggiati davanti alle coste dell'Iran. Per motivi di sicurezza il canale è stato chiuso per poche ore e sulle sue rive si sono ammassati migliaia di soldati egiziani. Ora l'opposizione è furiosa con il governo del Cairo. L'estate delle navi pacifiste è alle battute iniziali.