L'ultimo discorso del generale prima del ritiro dalle armi

Succede solo da McChrystal

Redazione

Che frustrazione: ho passato una carriera intera ad aspettare il mio discorso d'addio soltanto per poter mentire su quanto sono stato un grande soldato. E ora viene fuori che c'era un sacco di gente con me. E' la prova di quello che Doug Brown mi ha insegnato tanto tempo fa: non c'è nulla che rovini una bella storia di guerra come un testimone oculare.

di Stanley McChrystal

    Pubblichiamo l'ultimo discorso del generale Stanley McChrystal prima del ritiro dalle armi. Lo ha pronunciato il 23 luglio 2010 alla base di Fort McNair a Washington.

    Che frustrazione: ho passato una carriera intera ad aspettare il mio discorso d'addio soltanto per poter mentire su quanto sono stato un grande soldato. E ora viene fuori che c'era un sacco di gente con me. E' la prova di quello che Doug Brown mi ha insegnato tanto tempo fa: non c'è nulla che rovini una bella storia di guerra come un testimone oculare. Per dirvi quanto è brutto, non posso nemmeno raccontare che ero il miglior giocatore del campionato della scuola, perché il miglior giocatore è qui stasera. Se vi state guardando attorno per capire chi è, tenete presente che non è più un bambino. Ma chi di voi vuole contestare i miei ricordi con la verità, non dimentichi che c'ero anch'io. So un sacco di cose su ognuno di voi, ho le vostre foto e conosco un giornalista a “Rolling Stone”.

    Vedete, trovarci qui stasera
    ha le potenzialità per essere imbarazzante o anche triste. Con le mie dimissioni ho lasciato una missione in cui credevo molto. Ho terminato una carriera che ho amato e che è cominciata più di trentotto anni fa. E non posso mantenere le promesse che ho fatto a molti compagni in battaglia, promesse che ritengo sacre. Il mio servizio non è finito come avrei voluto e ci sono in giro alcuni malintesi sulla lealtà e sul servizio prestato da alcuni ottimi professionisti. Probabilmente ci vorrà un po' di tempo, ma credo che questi malintesi saranno corretti.
    Eppure, Annie e io non affrontiamo il futuro con tristezza ma con speranza e un paio di iPhone. E provo per i miei trentaquattro anni di servizio da ufficiale una combinazione di stupore – che un'esperienza possa essere così ricca e appagante come è stata la mia – e di gratitudine per compagni e amici che sono stati una benedizione.

    Questo è ciò che provo.
    E se non riesco a comunicarvelo appieno stasera, vi ricordo semplicemente che il segretario alla Difesa Gates una volta mi ha detto sono un moderno generale Patton nel campo delle comunicazioni strategiche. Ben detto.
    Perciò anche se stasera ridiamo non vuol dire che tutti questi anni non siano stati importanti per me. Vuol dire l'opposto, vuole dire che ogni giorno e ogni amico sono stati doni di cui faccio tesoro e ai quali voglio rendere omaggio. Prima però devo affrontare due domande che mi fanno spesso negli ultimi tempi. La prima è: che cosa farete? A dire il vero è Annie che mi fa questa domanda. Sto pensando che potrei essere un buon consulente di moda e portavoce di Gucci, ma non si sono fatti ancora sentire.
    L'altra domanda me la fanno con un po' d'incertezza: come state, tu e Annie? Siamo stati lontani per qualche anno, ma stiamo bene. E in più ho con me tutto quello che ho imparato in questi anni.

    Innanzitutto, Annie e io ci stiamo riconnettendo. Stiamo un sacco di tempo su Skype. Certo, non l'abbiamo fatto per tutti gli anni in cui ero lontano diecimila miglia, ma ora possiamo videochiamarci da quattro metri di distanza. Credo che le piaccia un sacco. Io ero così eccitato che ho cercato di convincere la mia famiglia a fare una riunione via Skype, una di quelle in cui si fa rapporto sulla situazione e si impartiscono istruzioni, ma ho notato che in casa McChrystal c'è una certa resistenza a velocizzare gli ordini. Stessa cosa per il regolamento tattico che ho diramato poco dopo il mio ritorno. Sono tutte regole ragionevoli: soltanto un pasto al giorno, attività fisica all'alba; sono le basi di una buona vita familiare. Ma ho ricevuto una serie di lettere notturne di minaccia (i talebani le spargono nei villaggi, ndr) e Annie ha cominciato ad accatastare sacchi di fertilizzante al nitrato di ammonio (è usato per fare esplosivi, ndr), il che è strano, visto che il nostro nuovo giardino è più piccolo di questo podio.
    Anche se questa fazione della guerriglia è relativamente piccola – soltanto una donna –, è totalmente disinteressata al processo di pace. Credo che la situazione sul campo sia molto seria, con buone possibilità di peggioramento. Signor ministro della Difesa, la guardi: serviranno almeno quarantamila soldati.

    Lasciate che vi ringrazi tutti per essere qui.
    L'affluenza stasera mi mette davvero in imbarazzo. Ci sono qui mia moglie, mio figlio, i miei quattro fratelli, due nipoti, i miei maestri, commilitoni incontrati lungo gli innumerevoli anni della mia carriera e alcuni ospiti il cui servizio e i sacrifici sono impossibili da spiegare a parole. Dato che questa folla è abbastanza grossa, per ragioni di ordine e disciplina vi ho diviso in quattro gruppi. Per favore ricordatevi il vostro numero. Nel primo gruppo ci sono tutti quelli che hanno una qualche responsabilità nell'organizzazione di questa cerimonia, da chi l'ha ideata fino ai soldati sul campo. Mi scuso con tutti per il tempo che passate sotto il sole. Siete gente speciale. Voi rappresentate anche i soldati in tutto il mondo e per questo avete tutta la mia riconoscenza. Il secondo gruppo. In questo gruppo ci sono gli illustri servitori di tutti gli stati che hanno dovuto cancellare qualche appuntamento sulle loro agende sempre piene per essere qui stasera. Vi ringrazio per il vostro sostegno e la vostra amicizia in tutti questi anni. Questa volta almeno vi ho dato una scusa per saltare un venerdì di lavoro.

    Il terzo gruppo sono i combattenti di tutti i ranghi, inclusi i molti che non vestono un'uniforme ma difendono la nostra nazione, con i quali ho diviso per molti anni viaggi in aereo, videoconferenze, avamposti, frustrazioni, trionfi, risate e una causa comune. Quelli del terzo gruppo non sono tutti qui: molti in questo momento sono sul campo a combattere. Altri riposano oltre il fiume, nel cimitero di Arlington. Buona parte della stima che ho ricevuto appartiene a voi. Avere la vostra compagnia è il più grande onore della mia carriera. Infine, il gruppo numero quattro comprende tutti quelli che hanno avuto il presentimento che ci saremmo scolati un paio di fusti di birra nel retro dopo la cerimonia. Questo gruppo include tanti miei compagni di West Point, vecchi amici, molti dei combattenti del gruppo tre e qualcun altro che sfugge a una descrizione più accurata. Chiunque abbia con sé un bicchiere di plastica può considerarsi alla testa del gruppo numero quattro. Chiunque sia qui stasera è invitato a farne parte.

    Al segretario Gates
    voglio esprimere la mia gratitudine personale, certamente per le critiche generose, ma ancora di più per la saggezza e la leadership di cui ho fatto esperienza in prima persona per ciascuna delle mie tre ultime missioni. Il tuo contributo alla nazione e alle Forze armate rimarrà nella storia.
    Allo stesso modo voglio ringraziare tutti i leader della nostra nazione, civili e militari, a cominciare dal presidente Obama, per il quale e con il quale sono stato onorato di servire il paese. Con chiunque, non importa se eletto, nominato o incaricato, condividere il comune denominatore del servizio disinteressato è stato entusiasmante. Come comandante Isaf ho avuto l'opportunità unica di prestare servizio insieme a professionisti di quarantasei nazioni sotto la leadership della Nato. Siamo più forti per la varietà delle nostre forze e grazie a questa esperienza posso dire di essere un uomo migliore.

    I miei ringraziamenti vanno anche alla leadership e al popolo dell'Afghanistan per la loro collaborazione, ospitalità e amicizia. A quelli che sono inclini a semplificare la loro visione dell'Afghanistan e a concentrarsi sulle sfide in arrivo, io contrappongo la mia convinzione che gli afghani abbiano il coraggio, la forza e la tenacia necessaria per affrontare i compiti che li aspettano. Nella mia carriera ci sono stati momenti straordinari, ma è della gente che mi ricorderò. E' sempre stata la gente. Mi ricorderò dei soldati, che sì, sono addestrati bene ma, alla fin fine, agiscono al di là della fiducia nei propri leader e nei colleghi; mi ricorderò dei giovani sergenti che emergono dai ranghi con forza, disciplina, dedizione e coraggio.
    Io sono cresciuto, e anche i soldati e i sergenti della mia giovinezza sono cresciuti. Sono diventati vecchi sergenti, professionisti di lungo corso con una saggezza straordinaria e un incredibile senso di responsabilità per la missione e per i nostri soldati.

    E poi i sergenti maggiori: loro sono stati il tesoro della nazione. Loro modellano e mantengono le Forze armate e i leader come me. Sono stati compagni, confidenti, critici costruttivi, mentori e migliori amici. Poco più di un anno fa è bastata una e-mail per fare tornare dal congedo il sergente maggiore Mike Hall, che ha lasciato il suo lavoro, suo figlio e la sua splendida moglie Brenda per unirsi a me in Afghanistan. A Mike non saprò mai esprimere davvero la mia gratitudine. Anche a Brenda, dopo tutti questi anni, devo i miei ringraziamenti. Anche io ti voglio bene.
    Ai veri professionisti come i sergenti maggiori Rudy Valentine, Jody Nacy, Steve Cuffie, C. W. Thompson, Chris Craven, Jeff Mellinger e Chris Farris, voglio dire che la vostra presenza stasera è la prova che quando qualcosa è davvero importante – come questa cerimonia –, voi siete presenti per assicurarvi che io non mandi in malora tutto sul più bello. Sono fortunato ad avere qui i vecchi amici di tutta la carriera, amicizie che sono nate tanto tempo fa a West Point, Fort Benning, Bragg, Lewis e infiniti altri luoghi e circostanze che abbiamo condiviso in questi anni, spostando furgoni, facendo figli, ridendo, condividendo delusioni e successi gli uni degli altri che hanno costruito legami che sono diventati poi decisivi sul campo di battaglia.

    Ho conservato una nota che mi hanno mandato in un momento particolarmente duro in Afghanistan, nel 2007. L'ha scritta il mio compagno comandante, Dave Rodriguez. In questa nota si diceva che Sherman era sicuro che in caso di bisogno il suo amico Grant, sarebbe rimasto con lui, non l'avrebbe abbandonato: se fosse stato vivo. Prestare servizio con gente che dice sul serio cose del genere è davvero straordinario. Sono stato in servizio con tante persone e molti di questi sono qui stasera. E non tutti gli eroi sono in uniforme. In un elicottero schermato in volo sopra Kunar, in Afghanistan, nel 2004, c'era un compagno in blu jeans che mi ha passato un messaggio. Era scarabocchiato su una pagina strappata da un bloc notes, diceva: “Io non conosco il credo dei Rangers, ma puoi contare sul fatto che io ci sarò sempre”. Ha mantenuto questa promessa molte volte.

    Avere messo in gioco così tanto e dipendere da gente con questo coraggio – un coraggio fisico e morale –, con questa integrità e con questo altruismo mi ha insegnato a credere in qualcosa. Annie è qui stasera. Senza dubbio ha percorso i 50 piedi dalla nostra porta d'ingresso con deliziose scarpe italiane ai piedi: ne abbiamo una collezione molto fornita. Una volta in Afghanistan ho persino  pensato di usare la storia delle scarpe comprate da Annie come un motivo per convincere l'Italia a mandare più soldati. Ma la verità bisogna dirla fino in fondo: non ho alcun controllo su quel settore dell'economia dei McChrystal. Ma lei ora è qui e c'è sempre stata quando serviva. Sempre bellissima. Per tre anni e mezzo è stata la mia ragazza, poi la mia fidanzata e per trentatré anni è stata mia moglie. Per molti anni ho scherzato, a volte pubblicamente, sulla sua cucina schifosa, sui suoi armadi terrificanti, sulla sua guida da autoscontro e sulla sua dipendenza dalle M&M's, ed è tutto vero. Ma ora che concludiamo una carriera insieme, è importante che voi sappiate che lei c'è sempre stata.

    C'era quando mio padre mi promosse sottotenente di fanteria e ha aspettato per mesi che io uscissi dalla Ranger School. Insieme abbiamo messo tutto ciò che avevamo nella mia Chevrolet Vega e siamo andati nel nostro primo appartamento, a Fort Bragg. Il trasloco, compresi i primi giorni nel nostro appartamento da 180 dollari al mese, è stata l'unica luna di miele che io ho potuto darle, un fatto che lei da allora mi ha, qualche volta, ricordato. Annie sapeva sempre cosa fare. Era graziosa quando andava alla porta a mezzanotte in vestaglia ad aprire al sergente Emo Holtz, bravissimo con il mortaio, che portava un sacchetto di liquori da due soldi per una festa del plotone che avevo malamente organizzato quella sera dopo un lancio col paracadute, dimenticandomi di dirlo ad Annie. Sono arrivato a casa non molto dopo e l'ho trovata che cucinava per i paracadutisti che stavano assembrandosi. Annie capiva al volo la cosa giusta da fare e la faceva in silenzio.

    Dopo l'11 settembre, lei ci ha guardati partire per la guerra e ha aiutato le famiglie dei nostri caduti con grazia stoica. Mentre gli anni passavano e la guerra diventava sempre più difficile e letale, il coraggio tranquillo di Annie mi ha dato la forza che non avrei trovato altrimenti. Nell'esercito c'è un assioma: è il soldato che firma gli assegni, ma sono le famiglie a pagare il conto. E la guerra rende questo assioma ancora più vero, e i conti sempre più alti. Steven Pressfield in un suo romanzo storico è riuscito a rendere in modo perfetto l'idea di quanto le famiglie fossero e siano importanti. Per combattere l'invasione dell'esercito persiano di re Serse, una coalizione di città-stato greche aveva mandato un piccolo esercito per guadagnare un po' di tempo difendendo il passo delle Termopili, sotto la guida di trecento guerrieri spartani. La missione era disperata e la morte dei trecento era certa.

    Prima di partire il re spartano, Leonida, spiegò a una delle mogli spartane come avesse selezionato i trecento da un esercito intero, noto per la sua professionalità, il suo coraggio e la dedizione al dovere: “Non li ho scelti per il loro valore, mia cara, ma per quello delle loro mogli. La Grecia è nel momento di massimo pericolo, se riesce a salvarsi non sarà la fine. Soltanto la morte aspetta noi e i nostri alleati, in questa battaglia e in quelle che devono ancora arrivare, per terra e per mare. Allora la Grecia, se gli dei lo vorranno, riuscirà a rimanere intatta. Lo capisci, mia cara? Ora, ascolta, quando la battaglia sarà finita, quando i trecento saranno passati tra i morti, allora tutta la Grecia si volgerà agli spartani per vedere come riusciranno a sopportare questa perdita. Ma a chi dovranno guardare gli spartani? A te. A te e a tutte le altre mogli e madri, sorelle e figlie di quanti sono caduti. Se vedranno i  vostri cuori lacerati e spaccati dal dolore, anche i loro si spezzeranno e la Grecia si frantumerà con loro. Ma se tu resisterai, con gli occhi asciutti, non solo sopportando la tua perdita ma disprezzando l'angoscia e abbracciandola come l'onore che si ritrova nella verità, allora Sparta resisterà e la Grecia intera resisterà con lei. Perché ho chiesto a te, mia cara, di resistere alle prove più terribili, a te e alle tue sorelle dei trecento? Perché potete farlo”.
    A tutti quelli che non vestono un'uniforme ma danno molto, si sacrificano liberamente e prestano il loro servizio come un esempio reciproco e per la nostra nazione, vanno i miei ringraziamenti.

    Mentre lascio l'esercito
    , a quelli che hanno delle responsabilità voglio dire questo: il servizio in questo campo è duro e spesso pericoloso. Partecipare ha un prezzo, e questo prezzo può essere alto. C'è sempre la tentazione di limitare i costi, cioè le perdite personali e professionali, compromettendosi di meno, limitando la fiducia e la stima nelle persone, fingendo che non interessino davvero. La prudenza e il cinismo danno sicurezza, ma i soldati non vogliono seguire dei cinici cauti. Loro seguono capi che ci credono al punto da rischiare un fallimento o una delusione per una causa che vale. Se potessi tornare indietro, cambierei alcune cose della mia carriera, ma non molte. Ho creduto nelle persone, e ci credo ancora. Mi sono fidato e mi fido ancora. Me ne sono preso cura, e lo faccio ancora. Non vorrei averlo fatto in nessun altro modo. Winston Churchill ha detto che si sopravvive con quello che si guadagna, ma si vive davvero grazie a quello che si dà. Per i giovani leader di oggi e di domani: questa è una vita fantastica.

    di Stanley McChrystal