Andamento lento in Egitto

Redazione

Dopo l'euforia del “regime change”, le botte in piazza, i tentativi di dialogo, la ricerca di un leader per l'opposizione, le immagini dei generali per strada che dicono ai ragazzi di comportarsi bene, al quattordicesimo giorno di protesta tutti si chiedono: e adesso dove si va? La Casa Bianca, che prima ha tentennato, poi richiesto con insistenza una resa di Hosni Mubarak, ora invita alla cautela: la transizione deve essere ordinata, e se ci vuole qualche tempo, è bene prenderselo. "Non vogliamo arrivare a settembre e veder fallire le elezioni e avere poi la gente che chiede: ‘Per che cosa abbiamo fatto tutto questo?'", ha detto Hillary Clinton.

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    Dopo l'euforia del “regime change”, le botte in piazza, i tentativi di dialogo, la ricerca di un leader per l'opposizione, le immagini dei generali per strada che dicono ai ragazzi di comportarsi bene, al quattordicesimo giorno di protesta tutti si chiedono: e adesso dove si va? La Casa Bianca, che prima ha tentennato, poi richiesto con insistenza una resa di Hosni Mubarak, ora invita alla cautela: la transizione deve essere ordinata, e se ci vuole qualche tempo, è bene prenderselo. “Non vogliamo arrivare a settembre e veder fallire le elezioni e avere poi la gente che chiede: ‘Per che cosa abbiamo fatto tutto questo?' – ha detto Hillary Clinton, segretario di stato americano – Vogliamo aiutare a preparare elezioni credibili e legittime, che siano vinte da persone che il popolo egiziano potrà ritenere, a prescindere che le abbiano votate o no, rappresentanti dell'Egitto”.

    Il ricordo del 2006, quando Hamas vinse le elezioni palestinesi, è molto vivo a Washington. Gaza oggi è un territorio ingestibile e quella vittoria rivelò una banalità, ancora più dolorosa proprio perché tanto prevedibile: una volta che hai insistito tanto per avere elezioni libere, devi accettarne il risultato (corollario: non puoi far vincere il tuo candidato preferito). Come spiegava ieri il Wall Street Journal, la vittoria di Hamas portò a un ridimensionamento della “freedom agenda” bushiana, ma la verità è che Hamas non avrebbe dovuto partecipare a quel voto, così come alle elezioni egiziane dovranno partecipare soltanto i partiti che rispettino criteri di pluralismo e di tolleranza. La società deve essere pronta al voto: quella egiziana lo è? Per non rischiare, meglio prendere tempo.

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