Gli azionisti sono i veri eredi dei giacobini francesi
In realtà, assai più che i puritani inglesi di Oliver Cromwell, il vero modello di quell'aristocrazia intransigente cara agli azionisti e ai loro eredi è da cercarsi nei giacobini francesi, i radicali della Rivoluzione del 1789, gli artefici della repubblica, dei Comitati di salute pubblica, del regicidio e del Terrore. Animati da una forma spietata di integralismo civico e di intransigenza etico-politica, in nome della virtù e della “moralità eterna e sacra”, anche i giacobini volevano cambiare la società.
In realtà, assai più che i puritani inglesi di Oliver Cromwell, il vero modello di quell'aristocrazia intransigente cara agli azionisti e ai loro eredi è da cercarsi nei giacobini francesi, i radicali della Rivoluzione del 1789, gli artefici della repubblica, dei Comitati di salute pubblica, del regicidio e del Terrore. Animati da una forma spietata di integralismo civico e di intransigenza etico-politica, in nome della virtù e della “moralità eterna e sacra”, anche i giacobini volevano cambiare la società. E per cambiare la società s'erano messi addirittura in testa di rigenerare l'uomo, di riformare la storia, facendone tabula rasa, a cominciare dal calendario.
Così, per cominciare, fecero piazza pulita di vecchie tradizioni, privilegi, costumi; in nome dei diritti dell'uomo e del cittadino, si sbarazzarono dell'aristocrazia del sangue, espropriarono il clero, perseguitarono la religione cristiana; mossi da un ideale astratto e razionale (oh quanto razionale!) travolsero istituzioni millenarie, rovesciarono l'ancien régime (concetto nato sin dal 1789, ma esaltato come strumento politico solo quando i giacobini fecero fuori i girondini), a cominciare dal re e dalla sua corte, che fu umiliata, arrestata, esiliata, ghigliottinata con molte teste infilzate sulle picche dei sanculotti e portate in processione per le strade della città. Bisognava cambiare la società, rigenerare l'uomo, anzi creare l'uomo nuovo.
Il grande artefice di questo programma di rivoluzione morale fu il presidente del club dei giacobini, Maximilien de Robespierre (1758-1794), un avvocatino di Arras cresciuto all'ombra delle accademie di provincia e invasato dalle idee dell'illuminismo, propulso alla ribalta della storia con l'elezione agli Stati generali e poi alla Costituente. “Vogliamo sostituire la morale all'egoismo, la probità all'onore, i principi agli usi, il disprezzo del vizio al disprezzo della sventura, la fierezza all'insolenza, la grandezza d'animo alla vanità”, scrisse nel suo rapporto “Sui principi di morale politica che devono guidare la Convenzione nell'amministrazione della repubblica”.
Fu lui a dare ai francesi una missione nuova, quella di “ristabilire sulla terra l'impero della Giustizia e della Libertà”, fu lui a proclamare la Repubblica, a condannare il re “perché la nazione deve vivere”, a fomentare il Terrore col comitato di salute pubblica che procedeva all'eliminazione fisica di tutti i possibili rivali della rivoluzione, decine di migliaia di esecuzioni, compresi i rivoluzionari più popolari (come Danton che era un gaudente), centinaia di migliaia di arresti di persone sospettate di attività controrivoluzionaria e indegne del certificato di civismo necessario per ottenere cariche pubbliche. Ma alla fine, a Termidoro 1794, lui stesso finì vittima del terrore che aveva creato. Con la sua caduta i francesi ritrovarono la libertà e il gusto dei vizi.


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