Un ex premier in fuga

La Siria prepara il piano per scaricare la sua crisi sul Libano e su Israele

Redazione

La notizia riportata da Libération della fuga a Parigi dell'ex premier libanese Saad Hariri – su sollecitazione dell'intelligence di Washington e Riad – è l'ennesimo segnale della forza deflagrante della crisi siriana. La resistenza del movimento di protesta siriano che ormai conta più di 1.400 vittime – ieri altre 20, almeno – spinge il regime di Bashar el Assad a scaricare all'esterno le tensioni, aumentando le pressioni sul Libano, così come tra Siria e Israele: per domenica Damasco prepara un altro assalto alla frontiera sul Golan.

    La notizia riportata da Libération della fuga a Parigi dell'ex premier libanese Saad Hariri – su sollecitazione dell'intelligence di Washington e Riad – è l'ennesimo segnale della forza deflagrante della crisi siriana. La resistenza del movimento di protesta siriano che ormai conta più di 1.400 vittime – ieri altre 20, almeno – spinge il regime di Bashar el Assad a scaricare all'esterno le tensioni, aumentando le pressioni sul Libano, così come tra Siria e Israele: per domenica Damasco prepara un altro assalto alla frontiera sul Golan.

    A Beirut è appena stato formato un nuovo governo egemonizzato da Hezbollah: dopo mesi di crisi, il sunnita Najib Mikati è riuscito a nominare un esecutivo grazie all'ennesimo voltafaccia del druso Walid Jumblatt nei confronti dell'ex premier Saad Hariri. Il Libano è così tornato a essere un protettorato della Siria e dell'Iran, pronto a sommare le strategie jihadiste e nazionaliste di Hezbollah alla volontà di scaricare sulla regione le drammatiche crisi interne a Teheran come a Damasco. Nella Repubblica islamica, infatti, è in corso uno scontro di potere tra il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, e la Guida Suprema, Ali Khamenei, che potrebbe portare alla vittoria di forze ancora più radicali di quelle che già sono al potere. A riprova delle tensioni, ieri a Tripoli, nel nord del Libano, in un duro scontro tra alawiti (filosiriani) e i seguaci sunniti di Hariri si sono avuti tre morti e decine di feriti.

    Sul fronte interno siriano, nel quindicesimo “venerdì della collera” si è replicato lo scenario abituale, con una novità: per la prima volta una manifestazione di una certa consistenza ha coinvolto centinaia di studenti nell'Università di Aleppo e una protesta si è mossa anche nel quartiere Midan, nel centro di Damasco. Le forze di sicurezza sono intervenute pesantemente in entrambi i casi, facendo uso di armi da fuoco. Al Jazeera è riuscita ad aggirare la pesante cappa di censura del regime, mandando in onda immagini delle manifestazioni di ieri a Daraa e a Hama attraverso webcam fisse, piazzate dai dissidenti durante la notte. Cortei e scontri con le forze di sicurezza anche a Latakia, Qamishli, Homs e Banias dove si contano alcuni morti. E' dunque confermata la straordinaria forza di resistenza del movimento di protesta così come l'inarrestabile forza inerziale di una repressione che ha ormai superato il punto di non ritorno.

    Mentre la Turchia continua ad alzare i toni contro la Siria, minacciando un intervento, Francia e Germania stanno agendo in ambito europeo per inasprire le sanzioni, dopo che non sono serviti a nulla i provvedimenti restrittivi deliberati qualche settimana fa nei confronti di 14 gerarchi. Di fatto, la strategia di Bashar el Assad e di suo fratello, il generale Maher, si è ormai assestata su due costanti: repressione sempre più accompagnata però da una continua promessa di riforme mai attuate. Si attende di ora in ora l'ennesimo messaggio televisivo del dittatore, nella certezza che conterrà soltanto vaghe promesse e addirittura la solidarietà alle famiglie delle vittime, ipocritamente definite “martiri”. L'unica, insignificante svolta che Assad pare disposto ad attuare è la defenestrazione di alcuni gerarchi, additati come capri espiatori. Con mossa teatrale, il tycoon Rami Makhlouf, cugino di Assad, detto “mister 5 per cento” per le tangenti che impone sui grandi affari del paese, proprietario della società di telecomunicazioni Syriatel, ha dato le dimissioni dalle cariche societarie “per dedicarsi a opere di beneficenza”, o più probabilmente per evitare le sanzioni.