Oltre Bruxelles

L'appello dei sorosiani per un'Europa più interventista

Redazione

I cento sorosiani che ieri hanno chiesto alla zona euro di “unirsi” per trovare “una soluzione europea” alla crisi, sono stati accontentati solo in parte da José Manuel Barroso. Il presidente della Commissione ha presentato ieri una “Road map” in cinque punti per porre fine a una crisi diventata “sistemica”. George Soros, il finanziere che nel 1991 speculò fino a far crollare la lira, ha messo insieme un pacchetto di politici e imprenditori europei convinti che “le soluzioni nazionali possono solo portare alla dissoluzione”. La loro lettera è girata su quotidiani autorevoli.

    I cento sorosiani che ieri hanno chiesto alla zona euro di “unirsi” per trovare “una soluzione europea” alla crisi, sono stati accontentati solo in parte da José Manuel Barroso. Il presidente della Commissione ha presentato ieri una “Road map” in cinque punti per porre fine a una crisi diventata “sistemica”. George Soros, il finanziere che nel 1991 speculò fino a far crollare la lira, ha messo insieme un pacchetto di politici e imprenditori europei convinti che “le soluzioni nazionali possono solo portare alla dissoluzione”. La loro lettera è girata su quotidiani autorevoli: dal Sole 24 Ore al Financial Times, passando per il País. Oltre alla radicale Emma Bonino, tra gli italiani compaiono le firme della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, Mario Baldassarri, e Massimo D'Alema. Tra i firmatari internazionali: Martti Ahtisaari, già presidente della Repubblica finlandese e premio Nobel per la Pace, Hans Eichel, già ministro delle Finanze tedesco per l'Spd, Joschka Fischer, già ministro degli Esteri tedesco per i verdi, Bernard Kouchner, fondatore di Medici senza frontiere e già ministro degli Esteri sotto Sarkozy, Pedro Solbes, ministro dell'Economia con Zapatero e commissario Ue con Prodi.

    Le proposte dei sorosiani?
    Un “Patto diverso” da quello discusso nelle capitali. Vogliono un ministero del Tesoro europeo che “raccolga fondi per l'Eurozona e garantisca che gli stati membri aderiscano alla disciplina fiscale”. Chiedono “supervisione e regolamentazione finanziaria comune” e “un sistema centralizzato di tutela dei depositi all'interno dell'Eurozona”. Infine esigono “una strategia che produca sia convergenza economica che crescita, dato che il problema del debito non si può risolvere senza crescita”. Nel frattempo, visto che ci vuole tempo per riscrivere i Trattati, la Banca centrale europea e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf) dovrebbero cooperare per “ricapitalizzare il sistema bancario e permettere ai paesi in difficoltà di rifinanziare il proprio debito”.

    Barroso ieri è andato parzialmente
    nella loro direzione. Per il presidente della Commissione, occorre trovare una soluzione “decisiva” per la Grecia, “massimizzare l'efficacia e la flessibilità del Fesf”, ricapitalizzare le banche, “accelerare le politiche per la stabilità e la crescita” e “creare per il futuro una governance economica forte, rafforzando l'approccio comunitario”. Il ministero del Tesoro dell'euro e gli Eurobond non sono stati nominati. E sulla ricapitalizzazione delle banche, la linea di Barroso è quella tedesca, opposta ai sorosiani: devono “prima rifinanziarsi da sole, se non è possibile devono intervenire le autorità nazionali”, mentre il ricorso al Fesf è “l'ultima istanza”.

    In vista del Consiglio europeo del 23 ottobre,
    l'Autorità bancaria europea è intanto orientata a chiedere agli istituti di credito un coefficiente patrimoniale superiore a quello attuale del 5 per cento. Secondo le indiscrezioni, verrebbe imposto alle banche un Core Tier 1 tra il 7 e il 10 per cento. In cifre, significa una ricapitalizzazione complessiva tra i 100 e i 200 miliardi. Ma ieri l'associazione delle banche tedesche ha detto che “un approccio a idrante per tutte le banche non ha senso”. Per contro, la Francia sembra essersi piegata alle posizioni della Germania sulle modalità. Parigi ha accettato il principio di iniettare fondi pubblici, ma non oltre i 10 miliardi, altrimenti rischierebbe di perdere il rating “tripla A”. Gli appelli per una Bce più interventista continueranno.