Elegia per Monterosso
Gli sfracelli del cielo sanno comunque di apocalisse. Quelli che poi ci riguardano in prima persona sono a tratti insopportabili. Vanno direttamente all'osso dei nostri sistemi nervosi, rinviano a quella gamma di sentimenti su cui il pudore mette solitamente la sordina. Così se il cataclisma ti colpisce a casa tua non sai davvero con chi prendertela e cosa replicare alle obiezioni che, in questi frangenti, un po' a tutti vengono in mente.
di Beppe Benvenuto
Guarda la puntata di Qui Radio Londra Madre natura e la nostra incapacità di porre argini - Leggi l'editoriale Meno emergenza, più prevenzione - Leggi Meno emergenza e più prevenzione, così la Liguria si poteva (quasi) salvare
Gli sfracelli del cielo sanno comunque di apocalisse. Quelli che poi ci riguardano in prima persona sono a tratti insopportabili. Vanno direttamente all'osso dei nostri sistemi nervosi, rinviano a quella gamma di sentimenti su cui il pudore mette solitamente la sordina. Così se il cataclisma ti colpisce a casa tua non sai davvero con chi prendertela e cosa replicare alle obiezioni che, in questi frangenti, un po' a tutti vengono in mente. Oscilli fra l'essere basito e l'essere arrabbiato, e quindi, a trauma appena appena assorbito, tendi al rimuginio solitario con punte da ossesso. Memorie e di anarchica volizione. Dalle poche immagini che i tg fanno passare cerchi subito di intuire l'entità del danno e le cose che non ritroverai comunque più.
Il paese dove sono nato e dove sono venuti al mondo, ininterrottamente per secoli e secoli i miei parenti, si chiama Monterosso al Mare, una delle località della dorsale spezzina dove il nubifragio ha colpito duro. Il mio paese, insieme a Vernazza quello più sotto schiaffo delle Cinque Terre, è località famosa un po' ovunque, celebrata nel mondo. E' Monterosso posto segnatamente bello, che con lo scorrere di tempo e l'accumulo di esperienza, dopo mezzo secolo di turismo ad alta intensità, è diventato persino accogliente, almeno dentro i limiti in cui ai liguri è consentito dimostrarsi non troppo scostanti padroni di casa. Per me è, naturalmente, troppe cose assieme. Le più immediate recitano di uno spazio dove si addensano gli inevitabili rumori privati, legati al caos adolescenziale. Mentre, oggi, più prosaicamente, è soprattutto la cornice, piuttosto accudente, dove mi piace trascorre le mie “fughe” dalle così differenti città in cui ho deciso di abitare: Milano e Palermo.
Vederlo in ginocchio fa, naturalmente, molto effetto. Trasfigurato in un ammasso di palta e detriti, quasi strazia. Sembra, infatti, qualcosa di simile a una ridotta carsica, tragicamente diverso da ciò che era sino a pochi attimi prima di questa furibonda tempesta celeste: un rifugio tutto ameno, ma spesso benignamente ruvido, dove potersi raccogliere e prendere misura di quanto di troppo cervellotico attorno si agita intorno a ciascuno di noi. Uno spazio abbastanza intatto e quindi moderatamente contaminato in cui le sorprese sono pressoché assenti e gli inevitabili bordelli di ogni esistenza conoscono solo ritmi a scartamento ridotto.
E' un luogo, almeno per me, di assoluta evidenza e di totali certezze. Quasi ogni pietra mi è famigliare, di quasi ogni faccia conosco antefatti e misfatti. E' per me l'assoluto noto. Un tonico rassicurante. Questo Monterosso simile a una bonaria placenta penso di non ritrovare a cataclisma sedato e a ricostruzione avvenuta. Non sono affatto certo che il mio personalissimo polo di rassicurazione tornerà alla dimensione che in questi momenti mi piace ricordare. Temo che questa ferita, così urticante e persino volgare, non sarà mai del tutto cicatrizzata. Almeno non per me.
di Beppe Benvenuto
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