Leading from Ankara

Redazione

Joe Biden è arrivato ad Ankara per sottolineare la ritrovata sintonia con la Turchia di Erdogan, anche se pesa ancora, sul sorriso finale, il dossier israeliano: dopo il blitz dell'esercito di Gerusalemme sulla nave turca che andava a violare l'embargo di Gaza (9 morti) i rapporti turco-israeliani si sono incrinati pericolosamente.

    Joe Biden è arrivato ad Ankara per sottolineare la ritrovata sintonia con la Turchia di Erdogan, anche se pesa ancora, sul sorriso finale, il dossier israeliano: dopo il blitz dell'esercito di Gerusalemme sulla nave turca che andava a violare l'embargo di Gaza (9 morti) i rapporti turco-israeliani si sono incrinati pericolosamente.

    Ma la Turchia è tornata un centro strategico fondamentale, e non a caso gli emissari dell'Amministrazione Obama frequentano con solerzia i palazzi turchi: è ricominciata la partnership militare, compresa la collaborazione sullo scudo missilistico che fa inorridire la Russia, e Washington conta su Erdogan nella gestione delle crisi della regione. Secondo alcune fonti, è Ankara il nuovo strumento dell'arcinota strategia obamiana “leading from behind”: lasciare che sia Erdogan a guidare il regime change in Siria (così come gli europei erano stati gli strumenti del crollo libico). Per questo Teheran manda anatemi quotidiani contro Ankara: l'insofferenza iraniana è uno dei successi del riorientamento turco nella regione.

    Che fare a Damasco, sosteniamo Assad o lavoriamo a un post Assad in opposizione alla Fratellanza musulmana sunnita ormai entrata nell'orbita turca?, si chiedono i leader iraniani. Nell'indecisione, minacciano: se Hamas lascia la sede a Damasco, l'Iran taglierà i fondi. Ma Hamas ha già lasciato la Siria, un po' perché nessuno di questi tempi ama stare a Damasco, e un po' perché ha ritrovato la sua comoda casa nell'Egitto guidato dalla Fratellanza.