Il senso di un concorso per la scuola
l ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ha annunciato l'intenzione di indire nel 2012 concorsi per la scuola per selezionare insegnanti di ogni ordine, dalle elementari alle superiori, con l'obiettivo di svecchiare, gradualmente, il corpo docente e di dare una prospettiva ai giovani laureati che – da oltre un decennio – si sono sempre vista sbarrata la strada dalla prassi di inserimento tramite graduatorie, e non tramite concorsi, come per la verità prevede la legge.
Il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ha annunciato l'intenzione di indire nel 2012 concorsi per la scuola per selezionare insegnanti di ogni ordine, dalle elementari alle superiori, con l'obiettivo di svecchiare, gradualmente, il corpo docente e di dare una prospettiva ai giovani laureati che – da oltre un decennio – si sono sempre vista sbarrata la strada dalla prassi di inserimento tramite graduatorie, e non tramite concorsi, come per la verità prevede la legge. Anche i suoi predecessori avevano tentato di percorrere questa strada, e Maria Stella Gelmini era riuscita a bandire almeno il concorso per presidi, tuttora in corso, ma il reticolo di incrostazioni corporative e sindacali col pretesto dei “precari” da regolarizzare aveva sempre bloccato i loro propositi.
Non bisogna illudersi che il concorso o una serie di concorsi basti di per sé a dare lavoro a trecentomila giovani laureati (a tanto ammonterebbe il potenziale bacino di candidati). I posti che si rendevano disponibili annualmente nella scuola erano finora circa 30 mila, e saranno meno nell'immediato futuro per effetto dell'innalzamento dell'età pensionabile, che riduce il deflusso dalle cattedre. Senza contare l'ingente residuo del personale variamente titolato ancora in attesa di immissione. Resta però il fatto, politicamente rilevante, che Profumo si mostra intenzionato a forzare le resistenze e i blocchi, per dare un esempio di competizione per merito e non per diritti acquisiti e di una possibile, iniziale liberalizzazione nel mercato del lavoro più bloccato che ci sia.
E' un altro caso di una riforma – come quella delle carceri o quella previdenziale – che sta nella logica di una scelta liberale, ma che l'esecutivo di Silvio Berlusconi non era riuscito a guidare in porto. Viene spontaneo l'interrogativo sul perché un esecutivo “tecnico” sia in grado di proporre iniziative riformistiche – poi ovviamente da realizzare – su cui governi politici e sorretti da maggioranze parlamentari impegnate su un programma si sono invece arenati. E' vero che le opposizioni, rispetto ai governi politici, non facevano sconti, ma questo non basta a dare una risposta. L'Italia ha una serie di problemi strutturali, la cui soluzione richiede di spezzare resistenze specifiche, talora motivate ma comunque paralizzanti. Il caso della scuola, dove pure il centrodestra ha realizzato riforme importanti sfidando una larga contestazione, è esemplare. E' solo in una situazione di emergenza che si possono spezzare queste resistenze? I partiti, se vogliono recuperare il loro spazio com'è nell'interesse della democrazia, debbono porsi sinceramente questo problema, invece di cavalcare supinamente le proteste settoriali.
Il Foglio sportivo - in corpore sano