Le radici dell'odio stanno in Iran

Redazione

Uccidere americani è utile a diversi scopi nella guerra che è stata dichiarata contro di noi (dobbiamo ancora entrare ufficialmente in conflitto con i nostri nemici conosciuti): primo, una guerra è fatta proprio di questo. Ci vogliono morti o sottomessi. Secondo, uccidere aiuta il reclutamento, che era calato dopo la sconfitta dell’Iran, della Siria e di al Qaida in Iraq. Anche il morale era crollato – e le storie che raccontano del diplomatico americano violentato prima di essere giustiziato in Libia nutrono la sete di sangue dei jihadisti, il cui linguaggio e le cui fantasie sono ricchi di tali immagini. Terzo, uccidere aumenta il potere di chi muove i fili dietro le quinte.

di Michael Ledeen

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    Pubblichiamo un articolo di Michael Ledeen, Freedom Scholar presso la Foundation for Defense of Democracies e grande esperto di Iran. L’articolo è apparso su PJ Media.

    Uccidere americani è utile a diversi scopi nella guerra che è stata dichiarata contro di noi (dobbiamo ancora entrare ufficialmente in conflitto con i nostri nemici conosciuti): primo, una guerra è fatta proprio di questo. Ci vogliono morti o sottomessi. Secondo, uccidere aiuta il reclutamento, che era calato dopo la sconfitta dell’Iran, della Siria e di al Qaida in Iraq. Anche il morale era crollato – e le storie che raccontano del diplomatico americano violentato prima di essere giustiziato in Libia nutrono la sete di sangue dei jihadisti, il cui linguaggio e le cui fantasie sono ricchi di tali immagini. Terzo, uccidere aumenta il potere di chi muove i fili dietro le quinte. Quarto, scoraggia i nostri alleati e i nostri amici, attuali e potenziali. Nessuna persona seria può credere che un film sconosciuto, mostrato a meno di una dozzina di persone mesi fa, possa essere la “causa” degli assalti al Cairo e a Bengasi. O che gli assalti non abbiano avuto alcun legame, che siano sorti in modo spontaneo. O che non ci sia alcuna nazione coinvolta in questa operazione.

    Questa situazione è incredibilmente simile alle “rivolte contro le vignette” in Danimarca. In entrambi i casi, non si trattava di una reazione all’“offesa” originale all’islam. Sono passati mesi prima che le vignette fossero mostrate per giustificare una campagna organizzata, come si scoprì successivamente, dal regime iraniano e dal suo alleato siriano. In questi giorni gli iraniani erano pronti con una folla di dimostranti contro l’ambasciata svizzera a Teheran (il nostro surrogato in Iran). Se la “crisi delle vignette” può essere presa a modello, ci vorrà un po’ di tempo prima di scoprire le identità dei veri attori di questo spettacolo. Ma mi sembra improbabile che quelli che intonavano “non sparate, Morsi mi ha obbligato a farlo” stessero dicendo la verità. I manipolatori non escono presto allo scoperto per farsi fare i complimenti. C’è voluto del tempo per organizzare le cose; e gli attacchi terroristici simultanei sono il marchio di fabbrica di Hezbollah (alias, l’Iran), che ha insegnato la tecnica a Bin Laden in Afghanistan (o forse in Sudan? ho un attimo di confusione, sarà l’età?). Chiunque sia la mente dietro questo progetto ha segnato un punto nella lotta contro gli Stati Uniti: uccidere americani non implica alcun costo. Tutto sarà ricordato della lunga e insanguinata catena che parte dal bombardamento della nostra ambasciata e della caserma dei marine in Libano, attraversa il bombardamento delle Khobar Towers, e arriva all’11 settembre, il cui anniversario è stato celebrato nel miglior stile jihadista in Libia e in Egitto. Tutti abbiamo assistito alle scuse dell’America nei confronti dei nostri assassini, mentre ci ritiriamo dall’Afghanistan e riduciamo drasticamente il nostro potere militare. Tutto sarà ricordato dell’umiliazione di Clinton in Somalia, di quella di Carter in Iran, di quella di Reagan in Libano.

    Se davvero credete che le sanzioni possano farci vincere questa guerra, allora dovreste valutarne l’effetto sulle nazioni e sulle imprese che decidono quanto cooperare con noi. Dovreste valutarne con attenzione anche l’effetto su quelle nazioni la cui sopravvivenza è minacciata dalla grande alleanza antiamericana, nazioni che includono Israele, Giordania, Brasile e Argentina. Se noi stessi non attacchiamo i nostri assassini – Iran in primis – come possiamo pensare di aiutarli a combattere contro i loro nemici giurati? L’affronto di Obama a Netanyahu trasmette questo messaggio a tutti i nostri nemici in modo drammatico. Romney aveva ragione nel sentirsi oltraggiato dall’inettitudine di Obama, e sospetto dal fatto la maggior parte degli americani avesse condiviso la sua risposta istintiva. La rabbia dei critici della stampa, che hanno cercato di renderlo il cattivo della storia, non farà altro che erodere il loro già basso livello di consenso. Solo il tempo potrà dirlo, ma la mia speranza è che Romney mantenga salde le sue posizioni. In uno di quei momenti di quiete che mostrano il raffinato umorismo dell’Onnipotente, il dipartimento di stato ci ha ricordato ancora una volta che l’Iran sostiene al Qaida, proprio mentre al Qaida si prende il merito di un’ennesima strage di americani. Ma a Foggy Bottom preferiscono l’altro metodo, quello di risalire alla fonte delle uccisioni.

    Per i diplomatici seri e leader militari è arrivato il momento, e in realtà è arrivato da parecchio tempo, di dimettersi in segno di protesta contro la patetica politica da noi tenuta nei riguardi dell’Iran, chiamando l’aiuto dei paesi occidentali per sostenere l’opposizione iraniana ormai assediata. Questo è ciò che i tiranni iraniani temono più di ogni altra cosa. Se non sosteniamo la rivoluzione interna iraniana, allora dovremo subire sempre più attacchi di questo genere, e moriranno sempre più americani. Alla fine, realizzeremmo la profezia fatta da Churchill a Chamberlain il giorno dopo Monaco: pensavi di dover scegliere fra il disonore e la guerra. Hai scelto il disonore, e avrai la guerra in ogni caso. Possiamo ancora essere in tempo per scegliere l’onore – sostenendo quelli che hanno già rischiato la loro vita per combattere i nostri nemici – ed evitare la guerra che ci sta inesorabilmente avvolgendo.
    Sbrigatevi. Per favore.

    di Michael Ledeen @PJ Media
    (traduzione di Marion Sarah Tuggey)

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