Cheney dixit

Redazione

"Gli alleati non si fidano di noi e gli avversari non ci temono”. Con una sentenza d’intonazione machiavelliana Dick Cheney è andato al cuore politico del dramma obamiano sulle attività di spionaggio della Nsa. L’ex vicepresidente ripete l’ovvio: non c’è nessuna novità, la raccolta di informazioni anche fra alleati è parte di una prassi nota negli ambienti titolati a praticarla, e le decine di milioni di conversazioni ascoltate da orecchie americane fra Parigi, Berlino, Madrid, Roma e chissà dove ancora attivano meccanismi diplomatici inevitabili quando vengono alla luce.

    "Gli alleati non si fidano di noi e gli avversari non ci temono”. Con una sentenza d’intonazione machiavelliana Dick Cheney è andato al cuore politico del dramma obamiano sulle attività di spionaggio della Nsa. L’ex vicepresidente ripete l’ovvio: non c’è nessuna novità, la raccolta di informazioni anche fra alleati è parte di una prassi nota negli ambienti titolati a praticarla, e le decine di milioni di conversazioni ascoltate da orecchie americane fra Parigi, Berlino, Madrid, Roma e chissà dove ancora attivano meccanismi diplomatici inevitabili quando vengono alla luce. Per il momento non c’è vero scandalo, perché non c’è il contenuto scandaloso. C’è la fregola mediatica e l’indignazione per assicurarsi posti più prestigiosi al tavolo degli alleati, ci sono dichiarazioni piccate e delegazioni del Parlamento europeo che volano a Washington per chiedere spiegazioni, ma il primo dato politico riguarda la confusione che domina la Casa Bianca di Barack Obama. I funzionari dell’Amministrazione non riescono nemmeno a mettersi d’accordo sulla versione da passare anonimamente ai cronisti: Obama sapeva che il telefono di Angela Merkel era sotto controllo? Lo sapeva dall’inizio o è stato informato di recente? Ha ordinato che la Nsa smettesse? Non si sa bene a quale mezza verità votarsi, ma ci sono elementi a sufficienza per proclamare la debolezza di Washington, che non sembra in grado di placare gli animi degli amici né tantomeno di incutere timore ai nemici, arte in cui il vecchio Cheney eccelleva. Nel dubbio se sia meglio per un presidente essere amato o temuto, Obama sceglie un’improbabile terza via.