
Il culto della personalità del Cav.
L’apprensione che trasuda da tutte le pagine politiche di Repubblica per l’ipotizzato incontro tra il segretario democratico e il fondatore di Forza Italia suscita una certa impressione. Silvio Berlusconi, sulle pagine dello stesso quotidiano, viene dipinto da molto tempo come un uomo disperato, privo di idee e di una qualsiasi autorevolezza, un “condannato” che si interessa solo delle sue vicende personali alla ricerca affannosa di una qualsiasi scappatoia.
L’apprensione che trasuda da tutte le pagine politiche di Repubblica per l’ipotizzato incontro tra il segretario democratico e il fondatore di Forza Italia suscita una certa impressione. Silvio Berlusconi, sulle pagine dello stesso quotidiano, viene dipinto da molto tempo come un uomo disperato, privo di idee e di una qualsiasi autorevolezza, un “condannato” che si interessa solo delle sue vicende personali alla ricerca affannosa di una qualsiasi scappatoia. Perché dunque un incontro con questa specie di relitto dovrebbe rappresentare un pericolo per chiunque e, a maggior ragione, per un leader politico legittimato dal voto e dall’età come Matteo Renzi? A parte le letture psicoanalitiche, che risulterebbero tanto elementari quanto scontate, si può forse trovare una spiegazione politica.
La chiave di lettura monotematicamente antiberlusconiana che ha caratterizzato il quotidiano di Ezio Mauro fin dall’inizio ha assunto una specie di funzione di rassicurazione: quando non si sa come spiegare un fenomeno, se ne dà la responsabilità a Berlusconi. In questo modo, però, la figura dell’Arcinemico ha finito col giganteggiare, mentre quella dei suoi antagonisti si è rimpicciolita, un’immagine di topolini in balìa del più astuto dei gatti. Alla fine, infatti, anche il direttore del giornale si è visto costretto ad “autorizzare” l’incontro, purché (e qui si sorride) “alla luce del sole”.
Uscire da questa rappresentazione, nata come immagine di comodo e trasformatasi in una specie di senso comune diventa difficile, e il tentativo di cambiare registro salta in ogni occasione in cui riappare una presenza del Cavaliere, nonostante sia dato per morto e sepolto sotto lo schiacciasassi dello strapotere giudiziario. Così quando emergono contraddizioni oggettive nel campo democratico, si torna al vecchio paradigma: la responsabilità è di Berlusconi, diabolicamente capace di seminare zizzania nel campo avverso che non sa combatterlo con la necessaria compattezza. Viene il dubbio che a Repubblica si annidi un perverso culto della personalità dell’Arcinemico.


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