
Sul lavoro niente compromessi
Le modifiche apportate al decreto Poletti sui contratti a termine, in primis la riduzione delle proroghe da otto a cinque, hanno snaturato un importante fattore di flessibilità sul quale il governo Renzi faceva affidamento. La modifica è avvenuta in sede di commissione alla Camera, dove la sinistra del Partito democratico, conservatrice, ha la maggioranza. Il significato politico è chiaro. La sinistra del Pd, che ammicca alla Cgil, si appresta a far votare all’Aula un nuovo testo per fare emergere (anche a livello mediatico) che la sua linea in tema di lavoro è maggioritaria nel Pd e condivisa in Parlamento, sebbene sia in conflitto con l’impostazione del premier e segretario di partito Matteo Renzi.
Le modifiche apportate al decreto Poletti sui contratti a termine, in primis la riduzione delle proroghe da otto a cinque, hanno snaturato un importante fattore di flessibilità sul quale il governo Renzi faceva affidamento. La modifica è avvenuta in sede di commissione alla Camera, dove la sinistra del Partito democratico, conservatrice, ha la maggioranza. Il significato politico è chiaro. La sinistra del Pd, che ammicca alla Cgil, si appresta a far votare all’Aula un nuovo testo per fare emergere (anche a livello mediatico) che la sua linea in tema di lavoro è maggioritaria nel Pd e condivisa in Parlamento, sebbene sia in conflitto con l’impostazione del premier e segretario di partito Matteo Renzi. Facile arrivare a un “sì” al voto di oggi su cui il governo ha posto la fiducia, ma questo non basta – per fortuna – a sancire il soverchiamento del premier. Il ministro del Lavoro Poletti, battuto in commissione, si è però adattato alla sconfitta sostenendo che l’emendamento rappresenta una mediazione tra la linea oltranzista, fedele a Susanna Camusso, e la linea di liberalizzazione. Per Poletti gli obiettivi fondamentali sono salvi. Ma non ha convinto i “puristi” del decreto che invocano la restaurazione del testo originario.
Renzi dovrebbe ascoltare la versione dei puristi, dovrebbe tagliare fuori per quanto possibile il Cgil-pensiero. E non perché lo chiedano Nuovo centrodestra e Scelta civica, alleati di governo comunque disponibili alla fiducia. Il punto è che solo presentandosi a Bruxelles con radicali riforme sul lavoro sarà possibile battersi con autorevolezza per attenuare la visione contabile del rigore fiscale che domina in Europa. Allo stesso tempo Renzi deve prendere atto che la cassa integrazione in deroga ha esaurito i suoi fondi, mentre le domande di fruirne non sono diminuite, perché sinora nulla è cambiato dalle rigidità delle strutture dell’occupazione. Se Poletti, come il suo predecessore Enrico Giovannini, sponsorizzasse altre proroghe della cassa integrazione in deroga, sarebbe sancito l’allineamento al consolidato andazzo assistenzialista. La linea del governo non può essere questa: se Renzi avallasse altre proroghe, contraddirebbe la rupture anti corporativa cui egli mira con il passaggio dal sistema della concessione di casse integrazioni varie all’indennità di disoccupazione generalizzata per chi perde il posto. A Renzi non conviene adattarsi al compromesso ora, rinunciando agli alleati che può avere fuori del partito e in Europa. Il decreto sui contratti a termine è la prova d’orchestra per la riforma strutturale del Jobs Act dalla quale passa la possibilità di trattare autorevolmente a Bruxelles, come si sta facendo con il rinvio del pareggio di bilancio strutturale, votato con favore anche dal Parlamento.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
