Elogio funebre del tiki-taka

Redazione

Basta sentirla raccontare dal suo migliore interprete, Xavi del Barcellona, “ricevo la palla, passo la palla, ricevo la palla, passo la palla”, per capire perché il tiki-taka è davvero inviso a tanti. Piace a chi lo pratica, ma a quelli che guardano, al seicentesimo passaggio in orizzontale magari gli girano le palle e si mettono a sognare il calcio cosiddetto inglese, più ritmo, montaggio più nervoso. C’è dunque qualcosa di liberatorio nel modo in cui l’universo mondo ha accolto l’altra sera il trionfo del Real in casa del Bayern, e il tracollo di quel Pep Guardiola che del tiki-taka fu profeta in Catalogna.

    Basta sentirla raccontare dal suo migliore interprete, Xavi del Barcellona, “ricevo la palla, passo la palla, ricevo la palla, passo la palla”, per capire perché il tiki-taka è davvero inviso a tanti. Piace a chi lo pratica, ma a quelli che guardano, al seicentesimo passaggio in orizzontale magari gli girano le palle e si mettono a sognare il calcio cosiddetto inglese, più ritmo, montaggio più nervoso. C’è dunque qualcosa di liberatorio nel modo in cui l’universo mondo ha accolto l’altra sera il trionfo del Real in casa del Bayern, e il tracollo di quel Pep Guardiola che del tiki-taka fu profeta in Catalogna. Come sempre noi italiani siamo lestamente andati in soccorso del vincitore, di mezzo c’era lo zampone di Carlo Ancelotti, che non sarà Mourinho, non metterebbe mai un autobus a difesa della porta ma è pur sempre uno dei nostri, uno che maneggia concetti come equilibrio, difesa, contropiede. Ma la [**Video_box_2**]sconfitta non ha ucciso il tiki-taka. Il tiki-taka è per sempre. Perché è difficile da fare ma semplice da spiegare, le parole di Xavi le capisce anche un bambino. E’ arma potente in fase difensiva, più a lungo tieni la palla e minori sono i rischi che l’avversario possa fare gol. E’ la risposta del povero al ricco, del sud al nord, è l’uomo mediterraneo, piccolo e spesso gracile che, in attesa che maghrebini e colored africani vengano a dargli una mano, vuole arginare lo strapotere fisico-podistico di gaelici, sassoni e ungro-finnici. Certo per vincere non basta passarsi la palla, occorrono fior di piedi. Al Bayern non li hanno, i tre davanti tutti assieme valgono una scarpa di Messi. Ma non si dica che a vincere con Messi, Xavi e Iniesta sarebbero stati capaci tutti, perché non è vero. Perché il tiki-taka è prima di tutto pensiero. E’ il mix tra qualità degli uomini e stile di gioco che ha portato quel Barcellona a dominare il mondo per cinque anni, strapotere irridente e per questo forse irritante. Ma prima di seppellire il tiki-taka è bene ricordarsi che è eterno .