Ecco perché lo spinello libero in Uruguay non è poi così libero

Redazione

Martedì scorso è entrato in vigore il regolamento attuativo della nuova legge che legalizza i derivati dalla canapa indiana in Uruguay. Ma non è vero ciò che hanno fatto intendere i titoli di gran parte della stampa internazionale, e cioè che a questo punto a Montevideo vigerebbe lo spinello libero. Al contrario: chi oggi provasse ad accendersene uno di fronte a un poliziotto uruguaiano sarebbe lo stesso arrestato. Come è possibile?

    Martedì scorso è entrato in vigore il regolamento attuativo della nuova legge che legalizza i derivati dalla canapa indiana in Uruguay. Ma non è vero ciò che hanno fatto intendere i titoli di gran parte della stampa internazionale, e cioè che a questo punto a Montevideo vigerebbe lo spinello libero. Al contrario: chi oggi provasse ad accendersene uno di fronte a un poliziotto uruguaiano sarebbe lo stesso arrestato. Come è possibile? Il fatto è che con l’approvazione del regolamento la legge è entrata in vigore, ma il regolamento stabilisce che la partenza effettiva del nuovo regime avverrà più avanti. Quando? “A inizio o a fine novembre”, ha detto il prosegretario alla presidenza Diego Cánepa, con una locuzione che apparentemente rende il mistero ancora più fitto, ma in realtà lo chiarisce. Il 27 ottobre ci saranno in Uruguay le elezioni presidenziali e politiche, e il 24 novembre l’eventuale ballottaggio per la presidenza. Dunque se il Frente amplio di sinistra riuscirà a eleggere subito il successore di Pepe Mujica, la cannabis verrà messa in vendita all’inizio di novembre. Il prezzo sarà tra i 20 e i 22 pesos al grammo, poco meno di un dollaro. I residenti maggiorenni potranno registrarsi come consumatori, acquisendo una licenza per comprare fino a 40 grammi al mese distribuiti dal monopolio di stato in farmacia. La cannabis sarà coltivata in piantagioni sotto controllo militare, o in alternativa si potranno coltivare fino a sei piante all’anno e creare club con 15 fino a 45 membri. Ma se il candidato del Frente amplio avrà bisogno del ballottaggio, il tutto slitterà a fine novembre. E se a essere eletto al primo o secondo turno fosse invece un candidato del Partido nacional o di quello Colorado, è possibile che l’intera legge sia annullata, e la liberalizzazione effettiva non parta mai.

    [**Video_box_2**]Pepe Mujica, attuale presidente uruguaiano ed ex tupamaro, è diventato una star a livello mondiale: anche lui platense, è una specie di Bergoglio laico, ammirato non solo per la legge antiproibizionista (che gli è valsa gli appoggi di Soros e l’interesse di molti governi e attivisti), ma anche per lo stile sobrio che lo porta a viaggiare con gli aerei di linea e il suo vecchio maggiolino privato, a vivere in una piccola fattoria alla periferia di Montevideo e a devolvere il 90 per cento dello stipendio presidenziale in beneficenza, accontentandosi per sé di soli 1.500 dollari al mese. Apprezzato è anche il suo impegno per ottenere una mediazione tra governo e opposizione in Venezuela. Non verrà rieletto: perché a differenza di altri leader latinoamericani non ha voluto derogare al divieto costituzionale di ricandidatura immediata. Ma la sua altissima popolarità anche interna aiuta comunque il Frente amplio a raggiungere il 45 per cento di intenzione di voto, ma i giochi saranno evidentemente più chiari dopo le primarie del primo giugno. Tuttavia gli uruguaiani non sono molto convinti di questa legalizzazione che sta suscitando tanto entusiasmo a livello mondiale: i sondaggi indicano che solo il 20 per cento è favorevole, mentre i contrari sono tra il 64 e il 66 per cento. Il che significa che anche tra gli elettori di sinistra più della metà non condividono la riforma. Le elezioni dunque saranno anche un grande referendum sulla libertà di spinello. Ma il governo preferisce che ciò avvenga in un clima più soft, rispetto alla formidabile arma polemica che si darebbe alle opposizioni facendo campagna elettorale mentre già si sta applicando una legge impopolare. In ogni caso si tratta di un esperimento, perché il governo uruguaiano ha chiesto un monitoraggio internazionale, e promette che se l’esito sarà disastroso è pronto a fare la più radicale delle marce indietro.