La Uber-cazzola funziona
Confrontate le due affermazioni: “Uber è un servizio straordinario, l’ho provato a New York, ne parleremo la prossima settimana” (Matteo Renzi, ieri mattina a “Radio Anch’io”); “UberPop è contrario alla normativa vigente e la Corte europea di Strasburgo la interpreta come noi. Ci sarà un aumento dei controlli e nei prossimi giorni apriremo un tavolo ministeriale che coinvolgerà anche la conferenza delle regioni” (comunicato congiunto di Giuliano Pisapia, sindaco di sinistra a Milano; Roberto Maroni, presidente leghista della Lombardia; e Maurizio Lupi, ministro alfaniano delle Infrastrutture, mercoledì in prefettura).
Confrontate le due affermazioni: “Uber è un servizio straordinario, l’ho provato a New York, ne parleremo la prossima settimana” (Matteo Renzi, ieri mattina a “Radio Anch’io”); “UberPop è contrario alla normativa vigente e la Corte europea di Strasburgo la interpreta come noi. Ci sarà un aumento dei controlli e nei prossimi giorni apriremo un tavolo ministeriale che coinvolgerà anche la conferenza delle regioni” (comunicato congiunto di Giuliano Pisapia, sindaco di sinistra a Milano; Roberto Maroni, presidente leghista della Lombardia; e Maurizio Lupi, ministro alfaniano delle Infrastrutture, mercoledì in prefettura). Fatto il paragone? Chi convince di più? Beh, il giochetto è in effetti impietoso, il risultato scontato e, per dirla con il tweet di Linda Lanzillotta, già ministro prodiano e ora senatrice di Scelta civica: “Bravo Matteo! Mettersi contro i tassisti a quattro giorni dalle elezioni è avere le palle e chiedere voti per cambiare”. Già: perché schiacciando il “tasto Uber”, condensando il tutto in poche battute, tenendosi alla larga dal gergo burocratese-consociativo, il presidente del Consiglio ha rottamato un bel po’ di gente e di cose. Certo, Pisapia, area “sinistra borghese”, e Maroni: due politici concorrenti. Ma soprattutto Lupi, uomo forte ed emergente del Nuovo centrodestra, cioè dell’alleato di governo ereditato tal quale da Enrico Letta. Fin qui le persone. Quanto alle cose e all’immaginario che scatenano, la lista è anche più lunga. La corporazione dei tassisti, certo, in trincea anti Uber in Italia ma non solo, visto che contro l’app che ti fa arrivare un’auto pubblica attraverso lo smartphone stanno battagliando anche i conducenti di black cab di Londra e Manchester. Da noi, però, a differenza che in Inghilterra i tassisti riescono a far cadere, eleggere o bloccare intere giunte comunali, a cominciare da quelle romane: leggendaria fu la guerra a Francesco Rutelli, e ogni volta che [**Video_box_2**]prendevi un taxi ti sentivi raccontare di tutto. La Lanzillotta, che fu assessore rutelliana alla Programmazione economica, ne ha conservato buona memoria. Poi sempre i “tassinari” votarono in massa per Gianni Alemanno, salvo voltargli le spalle e strizzare l’occhio a Ignazio Marino, la versione capitolina più hard di Pisapia, l’uomo che vuole cacciare dal centro di Roma il traffico privato, ma anche il metrò. Così il missile di Renzi colpisce un po’ anche Marino, che Renzi non ha mai apprezzato, e infatti il suo assessore alla Mobilità Guido Improta mette le mani avanti: “Il fenomeno Uber a Roma è meno diffuso, la app ha più difficoltà di penetrazione rispetto a Milano, città interessata dai flussi transfrontalieri”. Ma che vuol dire? Come con i tasti “reset” (rottamazione del vecchio Pd) e “finish” (via il governo Letta), Renzi, volando leggero sugli aspetti ministerial-concertativi, quelli dei “tavoli” e delle “conferenze”, ma dicendosi entusiasta degli aspetti easy di Uber ha consapevolmente o meno lanciato un messaggio che dice: io solo ve la conto giusta, quegli altri vi rimbambiscono di vecchie chiacchiere. Magari avendo presente che, se Pier Luigi Bersani firmò le liberalizzazioni, è stato poi con i vari mutui online, Genertel, Booking e simili che la gente ha risparmiato soldi e tempo. E di quelli si ricorda, mentre l’ex segretario del Pd ancora rimugina sulle consultazioni “non risolutive” con don Ciotti e con le guide alpine.
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