Il “frivolo corteggiatore”

Il Diavolo c'è, Caina pure. Francesco spiazza i suoi cantori laici e faciloni

Redazione

Corrotti, schiavisti e fabbricanti d’armi e di morte sappiano che per loro “sarà difficile andare dal Signore”.

Corrotti, schiavisti e fabbricanti d’armi e di morte sappiano che per loro “sarà difficile andare dal Signore”, ed è meglio che si rendano conto al più presto che “un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio”. Caina dunque li attende; l’Inferno per il gesuita Francesco è tutt’altro che vuoto, come ama ripetere chi da decenni equivoca una frase del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, secondo il quale “sperare nella salvezza eterna di tutti non è contrario alla fede”. Il che, scriveva padre Giandomenico Mucci sulla Civiltà Cattolica di qualche tempo fa, è ben diverso dal dire che l’Inferno non ha inquilini da ospitare. Anche ieri, ritemprato da due giorni di riposo dopo un colpo di calore che l’ha costretto a rallentare il consueto ritmo lavorativo, il Papa ha ricordato ai fedeli che gremivano piazza San Pietro che il Maligno esiste e che è pronto ad accogliere chi “non sente la parola di Dio”, chi si fa beffe “del timore di Dio”, che è  “un allarme di fronte alla pertinacia nel peccato”. Al mondo laico e nichilista, e quindi ben poco timorato di Dio che stravede per il Papa del “chi sono io per giudicare?”, quello stesso Papa ricorda – come si [**Video_box_2**]legge negli Esercizi d’Ignazio – che l’uomo vive il soffio di due venti, quello di Dio e quello di Satana. E che quest’ultimo altro non è che “un frivolo corteggiatore che vuole rimanere nascosto e non essere scoperto”, che “esamina tutte le nostre virtù teologali, cardinali e morali e poi ci attacca e cerca di prenderci dove ci trova più deboli e più sprovveduti per la nostra salvezza eterna”. Per Francesco, insomma, il Diavolo esiste, lo chiama per nome ed è tutt’altro che un mito. Sempre padre Mucci scriveva che il frequente parlare di Satana da parte di Bergoglio ha fatto scalpore, ha scandalizzato molti – perfino qualche cardinale che parla del Diavolo solo come simbolo di tutto ciò che è oscuro, ritenendolo nulla più che una semplice metafora del male – “anche perché è invalsa da tempo nella chiesa l’abitudine di tacere su questo personaggio della divina Rivelazione, banalizzandolo”. E del Diavolo il Papa aveva parlato anche domenica, al termine dell’Invocazione per la pace nei Giardini vaticani con Shimon Peres, Abu Mazen e il patriarca Bartolomeo I.

Se la pace in Terra Santa rimane una chimera, la colpa è di uno soltanto: “Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il Maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla”, diceva Francesco. Appena una settimana prima, Bergoglio imputava al Demonio la volontà di distruggere la famiglia – “lui non la vuole!”, diceva. Il Diavolo, “il nemico, la causa originaria di ogni persecuzione”,  lo definiva il Papa in una delle sue prime omelie a Santa Marta. Quell’entità vera e reale che il mondo tende ad associare non al tentatore principe di questo mondo, bensì a un buffo e ridicolo satiro con corna e zampe di capra e – di tanto in tanto – con la coda e la barbetta, utile a spaventare i bambini capricciosi. “Che guaio aver dimenticato che il Diavolo c’è”, lamentava padre Raniero Cantalamessa, predicatore cappuccino della Casa pontificia, dando la colpa di ciò a quella “posizione intellettualistica che coinvolge anche certi teologi, i quali trovano impossibile credere nell’esistenza del Demonio come entità non solo simbolica, ma reale e personale”. Situazione che il teologo Inos Biffi definiva paradossale in un articolo apparso un anno fa sull’Osservatore Romano: Ci sono “teologi che per un verso applaudono che finalmente il Vaticano II abbia dichiarato la Scrittura anima sacra della teologia, e per l’altro non esitano a trascurare come marginale un dato chiarissimo e attestato nella stessa Scrittura, com’è quello relativo al Demonio”.

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