Presidenzialismo subito
Le ipotesi di aggiustamento dell’architettura istituzionale tendono a correggere gli errori più vistosi, a cominciare dal bicameralismo.
Le ipotesi di aggiustamento dell’architettura istituzionale tendono a correggere gli errori più vistosi, a cominciare dal bicameralismo, ma in questo modo si lascia l’impressione di rammendare un abito di Arlecchino, toppa per toppa. Il problema principale – quello della governabilità sostenuta da un mandato popolare chiaro – può essere affrontato seriamente solo con una scelta chiaramente presidenziale. Il presidenzialismo è sempre stato demonizzato dalla cultura costituzionale italiana, che lo considera una sorta di paradittatura. Nel frattempo, però, si è assistito a una concentrazione di poteri smisurati nelle mani del presidente della Repubblica o in quelle del presidente del Consiglio. Invece di sprazzi di presidenzialismo di fatto, che risultano posticci e provvisori, sarebbe meglio definire un sistema presidenziale di diritto, con poteri e limiti ben definiti, in modo che i “contrappesi” cui aveva fatto cenno a suo tempo Giorgio Napolitano siano stabiliti da una norma costituzionale. D’altra parte la personalizzazione del confronto politico si esprime meglio in un sistema di elezione diretta del presidente. Il limite alla rieleggibilità rende infatti necessario il ricambio e quindi supera la sclerosi dei partiti personali. Anche l’obiezione dei parlamentaristi, che sostengono che le assemblee rappresentative perdono la loro funzione in presenza di un potere esecutivo investito direttamente dal corpo elettorale, dovrebbero guardare a cosa accade in America, dove il Congresso è in grado di realizzare una dialettica anche aspra con il presidente. In realtà per la rappresentanza nazionale il sistema dei decreti promulgati dal presidente e convertiti a colpi di voti di fiducia è più umiliante di una contesa aperta su questioni di principio, come quelle che animano il dibattito americano.
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