Pensione extrema ratio
C’è un problema se il tetto all’età è l’unica via per razionalizzare la Pa.
E’ legittimo dubitare dell’allarmismo di quei giornali che, di fronte all’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio prevista dalla riforma della Pubblica amministrazione, parlano di “gotha della magistratura” decapitato, o di “capi più prestigiosi degli uffici” costretti a lasciare da Matteo Renzi. Contraccolpi organizzativi nell’immediato ci potranno essere, ma al fatto che i “più anziani” siano automaticamente i “più bravi” non ha mai creduto nessuno, anche prima che fosse in auge il presidente del Consiglio Rottamatore. E’ legittimo pure fidarsi delle buone intenzioni del ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, che – eliminando appunto la possibilità per i dipendenti della Pa di rimanere altri due anni al lavoro (cinque, nel caso dei magistrati) quando raggiungono i requisiti della pensione – punta a ringiovanire la burocrazia. 15 mila prepensionamenti – è il ragionamento – apriranno alla possibilità di assumere altrettanti giovani nei prossimi anni.
Tuttavia, comunque la si pensi sul valore professionale di chi sarà costretto ad abbandonare e di chi riuscirà a fare il suo ingresso nella Pa, è indubbio che un problema ci sia. Che per fare largo ai più giovani si sia costretti a defenestrare i più anziani, infatti, non è né socialmente né economicamente razionale. Primo: studi e sondaggi dimostrano che l’ansia di andare in pensione, tra i 60enni, è più bassa di quanto si potrebbe ritenere. Addirittura minoritaria. Secondo: il pensionamento precoce è associato a forme di declino cognitivo altrettanto precoci, sia dopo sia immediatamente prima il ritiro dal lavoro. Terzo: l’allungamento dell’aspettativa di vita consiglierebbe, per esigenze di sostenibilità della finanza pubblica, di non rinunciare alla leggera ai contributi previdenziali dei lavoratori. Quarto: dov’è scritto che un professore universitario 72enne sia meno utile all’ateneo e agli allievi di un collega 50enne? Non è un caso, in definitiva, se nei paesi più avanzati e liberali (come gli Stati Uniti), e nei settori di frontiera (come la ricerca scientifica), da qualche anno si stia valutando di “pensionare il pensionamento”. In Italia, dove la valutazione nella Pa è di fatto proibita, così come sono vietati premi e sanzioni (licenziamenti dei travet inclusi), alle prime difficoltà sistemiche il pensionamento anticipato diventa l’unica strada per tentare una razionalizzazione. Non è un bel vedere, ma in un sistema ingessato che da decenni impedisce qualsiasi mobilità degli insider, è logico che sia così.
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