Edmondo Bruti Liberati (Foto La Presse)

Tu quoque, Bruti Liberati

Redazione

Milano e l’ipocrisia dei pm che difendono le correnti della magistratura.

Dopo l’intervento irrituale ma legittimo del capo dello stato (e presidente del Csm) a difesa delle prerogative del procuratore come detentore dell’azione penale, Edmondo Bruti Liberati può sentirsi più tranquillo, almeno per quel che riguarda l’ipotesi, presto tramontata, di una richiesta “salomonica” di trasferimento suo e del suo sostituto e antagonista Alfredo Robledo. Caso mai i problemi per Bruti Liberati si porranno quando si tratterà di decidere sul rinnovo del suo incarico milanese in scadenza. E’ interessante osservare che l’argomento principale impiegato da Giorgio Napolitano per difendere (senza nominarlo secondo uno stile tanto sobrio da sfiorare la reticenza) Bruti Liberati è il principio gerarchico nell’organizzazione delle procure, restaurato nel 2006 da una norma che interveniva proprio per cercare di porre un argine all’anarchia delle procure che conseguiva dalla battaglia antigerarchica di Magistratura democratica, la corrente di cui proprio Bruti Liberati è da sempre un esponente di grande influenza. Il paradosso, che vede le correnti “moderate” contestare il procuratore accusandolo di aver esercitato in modo esagerato le [**Video_box_2**]prerogative gerarchiche, nasce da una modificazione della situazione di potere. Quando i magistrati di origine sessantottina si organizzarono in corrente erano animati da uno spirito di contestazione nei confronti della “giustizia di classe”, ma nei decenni successivi quei ragazzi scapestrati sono diventati, anche grazie all’efficacia della loro lobby, magistrati che ricoprono cariche di vertice e che non intendono più rinunciare ai poteri di cui dispongono. Quelli che li contestano, sostenendo una concezione un po’ individualistica del ruolo del magistrato, vengono invece da una generazione che si è trovata a gestire una condizione di strapotere della magistratura e non intende rinunciarvi nemmeno per consentire quelle limitatissime riforme funzionali che invece vedono possibilista un magistrato di evidente spessore politico come Bruti Liberati. Proprio questa presunta disponibilità ad accettare o almeno a non rifiutare in linea di principio l’esigenza di qualche riassetto di un sistema giudiziario che non funziona, probabilmente, è alla base della considerazione di Napolitano per Bruti Liberati, la ragione che ha spinto il presidente ad appoggiarlo in una fase cruciale, anche se con argomenti che il Bruti Liberati di dieci anni fa avrebbe respinto con sdegno. Il riordino del sistema giudiziario, compresa la definizione delle funzioni dei procuratori e dei sostituti, resta comunque solo una petizione di principio, irrisolta e forse irrisolvibile finché sarà sottoposta al vaglio di una magistratura organizzata per correnti di potere sempre più conservatrici e autoreferenziali.

Di più su questi argomenti: