Costa Rica. Ecco chi sono i nostri avversari
Corrono, molto, e lo sanno fare bene. Questo il punto di forza della Costa Rica, la nostra avversaria di domani. Centroamericani per nascita, sudamericani per vocazione, europei per missione e impostazione tattica.
Corrono, molto, e lo sanno fare bene. Questo il punto di forza della Costa Rica, la nostra avversaria di domani. Centroamericani per nascita, sudamericani per vocazione, europei per missione e impostazione tattica. Perché i Ticos non sono solo fisico potente e corsa asfissiante, ma anche pressing, impostazione e velleità tattica. Lo dice la partita inaugurale con l'Uruguay fatta di pressing alto, gestione veloce del pallone, sfruttamento delle fasce e tagli offensivi; lo dice il credo calcistico del tecnico Jorge Luis Pinto, colombiano di origine, europeo, anzi tedesco, per formazione scolastica, intesa questa sia come istruzione, sia come gestione delle partite. Gioca antico Jorge Luis, con Gonzàlez a mo' di libero, Umana a mo' di stopper, Duarte, il terzo centrale libero di impostare. Gioca moderno Jorge Luis, squadra corta, ripartenze e terzini mobili e onnipresenti, capaci di sovrapporsi, eseguire una diagonale affiancare il mediano Tejeda per fare blocco sulla trequarti.
Se questo è il contesto, lo scenario, il campo parla di una formazione titolare fatta di buoni giocatori, qualche vecchio "attore" abituato al palcoscenico mondiale, alcuni calciatori dall'ottimo (presunto) avvenire. Su tutti l'attaccante Joe Campbell (che gioca anche come esterno a destra), scuola calcio Arsenal, comprato nel 2011 con l'etichetta di animale da gol, lasciato pascolare sulle fasce prima francesi, al Lorient, poi spagnole, Betis, infine greche, Olympiakos, dove ha finalmente trovato maturità e concretezza, oltre che il primo titolo nazionale. Il prossimo anno dovrebbe tornare in Inghilterra, ma il Monaco ha già chiesto informazioni e vorrebbe puntare sul ragazzo di San José.
[**Video_box_2**]Campbell, ma non solo. Gli altri sono un misto di giocolieri convertiti alla concretezza, come Bryan Ruiz, fantasista fuori da qualsiasi schema in Belgio, diventato mastino e battitore libero in Olanda (Twente e Psv), come Bolanos, anarchico e amante dei piaceri della carne, dimagrito a suon di bastonate (vere) del proprio allenatore al Copenhaghen. In mezzo c'è Tejeda, che ha 22 anni, che non si è ancora mosso dall'isola, che di nome da Yeltsin perché il padre era un fan del primo presidente della Federazione russa, e che di professione fa il cacciatore di palloni. Un diavolo esaltato in mezzo al campo, nato trequartista, corre poco, mena tanto, anticipa tutti e ha piedi buoni. Un piccolo Pirlo, con tutte le differenze del caso. E poi, cosa più importante per una nazionale del genere c'è Keylor Navas, portiere del Levante, valutato 5 milioni di euro, reattivo e carismatico, capace di guidare una difesa e poco incline all'errore. In Spagna lo considerano uno tra i portieri più affidabili del torneo. Valencia e Siviglia hanno chiesto informazioni, l'Ajax lo ha messo nella lista degli acquisti se davvero Cillessen, raggiungerà Madrid ore difendere la porta dell'Atletico.
Non tremi però l'Italia. Sono bravi certo, ma gli inglesi sono altra cosa.
Il Foglio sportivo - in corpore sano