Nostalgia della catacomba
Un tempo pensavano di essere unici, dicevano a tutti i partiti “siete cadaveri”, fuggivano la ribalta, stavano solo tra loro, si nascondevano dietro a un blog, insultavano la casta indisturbati, dicevano assurdità sul web, credevano a sirene e microchip, erano duri ed erano puri
Un tempo pensavano di essere unici, dicevano a tutti i partiti “siete cadaveri”, fuggivano la ribalta, stavano solo tra loro, si nascondevano dietro a un blog, insultavano la casta indisturbati, dicevano assurdità sul web, credevano a sirene e microchip, erano duri ed erano puri: è attorno a questo nucleo di struggimento affettivo (prima che politico) per la condizione di movimento che avanza a colpi di “vaffa” e “no” assoluti che si condensano ora le paturnie a cinque stelle. Nel giro di dieci giorni, infatti, Beppe Grillo è passato dal neanche tanto splendido e ormai poco redditizio isolamento a un accordo indigesto per gran parte dei suoi eletti (con l’Ukip di Nigel Farage, a Bruxelles – pena l’irrilevanza) e all’offerta di dialogo al premier Matteo Renzi sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale (oggetto di una precedente lettera aperta firmata a quattro mani dal comico e dal suo guru Gianroberto Casaleggio). “Dovevamo andare da soli”, dicono adesso gli eletti a cinque stelle, anche quelli che sul tema del “dialogo”, appena un anno fa, hanno discusso in modo tragicomico e sfiorato l’espulsione. Sono disorientati, i soldati dell’esercito grillino, all’idea di essere presi di mira, come prima gli esponenti di altri partiti, dalla ridda di assatanati della rete: i cliccatori ossessivi che vigilano su un’ortodossia ora disconosciuta pure da Grillo (quanto ci metterà, il cosiddetto “popolo del web”, a cambiare bersaglio?). Non ci stanno, a farsi dare di “fascisti e nazisti” e ancelle di Farage, gli eletti del M5s che, nonostante il divieto di alleanza in patria, si sono sempre sentiti “vera sinistra” e depositari unici di democrazia nel movimento-caserma. Non ci stanno neppure a farsi dare di “traditori” dagli attivisti che non si sono ancora abituati al pensiero di sedersi a un tavolo alle condizioni del cosiddetto (da Grillo, fino a ieri) “ebetino di Firenze”. Che margine abbiamo?, si chiedono i Cinque stelle, sempre più avvolti dalla saudade per i se stessi del 2013, quando, dopo l’inatteso successone elettorale, era possibile giocare a fare i puri. Ed è un peccato, poi, svegliarsi nella realtà.
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