Il senso di Sisi per il pluralismo

Redazione

Mentre pronunciava la sentenza di condanna per cospirazione dei tre giornalisti di al Jazeera accusati di avere diffuso notizie false in combutta con la Fratellanza musulmana, il giudice Mohammed Nagi Shehata del tribunale del Cairo indossava gli occhiali da sole.

Mentre pronunciava la sentenza di condanna per cospirazione dei tre giornalisti di al Jazeera accusati di avere diffuso notizie false in combutta con la Fratellanza musulmana, il giudice Mohammed Nagi Shehata del tribunale del Cairo indossava gli occhiali da sole. Li ha tenuti per quasi tutto il processo, mentre gli avvocati dell’accusa presentavano come prove di colpevolezza le foto delle vacanze di uno dei giornalisti, un video (di Sky Arabia, non di al Jazeera) sui cavalli, un podcast della Bbc, il video musicale di un cantante pop australiano. Peter Greste, australiano, Mohamed Fadel Fahmy, con doppia cittadinanza canadese ed egiziana, e Baher Mohamed, egiziano, sono stati condannati a sette anni di detenzione, Mohamed ne ha avuti tre aggiuntivi perché al momento dell’arresto era in possesso di un proiettile già esploso raccolto come souvenir. In Egitto la stampa non può più permettersi di criticare il governo dell’ex capo dell’esercito Abdel Fattah al Sisi, appena eletto presidente con percentuali improbabili, e la durezza con cui Sisi ha colpito al Jazeera, bandita dall’Egitto, è solo il caso più evidente. Dalla caduta dell’ex presidente Mohammed Morsi un anno fa, il governo guidato da Sisi ha represso sistematicamente la libertà di parola, fatto sparire quattrocento dissidenti in un centro di detenzione illegale, gettato in prigione sedicimila prigionieri politici. Ma domenica, alla vigilia del verdetto, il segretario di stato americano John Kerry era al Cairo a rendere omaggio a Sisi. E’ la prima volta dal golpe militare, ed è il segno che l’America non solo è pronta a riconoscere, ma anche a sostenere il governo del generale. Il medio oriente frana, l’America ha bisogno di un alleato stabile, e Sisi non garantirà i diritti universali, ma la stabilità politica, quella sì. Washington ha sbloccato i quasi 500 milioni di dollari in aiuti militari che aveva congelato la scorsa estate, quando il governo soffocò (con 180 vittime) le proteste contro il golpe, e Kerry, che pure ieri ha blandamente condannato la sentenza del Cairo, ha promesso l’arrivo “presto, molto presto” di dieci nuovi elicotteri Apache.

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