Aranciata illiberale
Con il risibile intento dal sapore protezionista di sostenere le vendite d’arance dei produttori italiani, lo stato vuole fare da balia all’industria delle bibite.
Con il risibile intento dal sapore protezionista di sostenere le vendite d’arance dei produttori italiani, lo stato vuole fare da balia all’industria delle bibite. E’ in discussione in Parlamento (seconda lettura al Senato) un emendamento alla legge europea che intende aumentare la percentuale di succo d’arancia nelle bevande analcoliche; ci aveva già provato il ministero della Salute ma venne censurato dalla Commissione europea. Obiettivo: portare la dose di succo dal 12 al 20 per cento. Si potrebbe pensare – non senza qualche brivido – che lo stato abbia a cuore la salute dei cittadini (insomma, la vitamina C è importante!), ma leggendo il testo è facile notare non solo la volontà di assecondare le richieste del settore agricolo ma anche l’effetto anti competitivo per l’economia italiana che ciò comporta: l’obbligo si applicherebbe solo alle aranciate e simili per il mercato italiano, rendendo il nostro ordinamento ancora una volta ostico e inospitale alla libertà di scambio, poiché i produttori dovranno stipulare nuovi [**Video_box_2**]contratti con i fornitori, probabilmente nemmeno italiani – al contrario di quanto sperano i produttori dell’agrume –, preparare nuove etichette solo per il mercato nazionale, e poi rivedere le ricette per non alterare il sapore cui il cliente è abituato. Oltre ai risvolti economici, quello che più impressiona è la compassionevole arroganza con cui il legislatore stabilisce cosa dobbiamo bere: una bevanda gassata non è un succo di frutta, lo sanno i bambini e lo sa chi va allo scaffale per comprare quel prodotto. Se desiderasse un succo, un nettare o un frutto guarderebbe altrove. Tale arroganza smentisce peraltro il presupposto per cui chi ci governa sa meglio di noi qual è la ricetta per vivere bene. Notare: se la percentuale di succo è già fissata al 12 per cento, alzarla di otto punti è come ammettere che il legislatore aveva sbagliato le dosi in precedenza. E poi chissà se un domani un ulteriore incremento porterà a credere che l’onnisciente legislatore avrà di nuovo sbagliato proporzioni. Può sembrare una questione minore, visti i tanti problemi nazionali, ma se il legislatore osa entrare nelle dispense degli italiani, e ci riesce di fatto costringendo e limitando la nostra libertà di scelta in assoluto di cosa bere, vuol dire che può entrare in qualsiasi angolo della nostra esistenza per dirci, con una ruvida carezza, come dobbiamo vivere.
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