Tutti contro tutti in Ncd, un partito a rischio scioglimento nell'olio d'oliva
Ogni volta che lo fanno arrabbiare, l’ultima volta per una questione che riguarda le sue vere (o presunte) ambizioni di vicepresiedere il Csm, Renato Schifani chiama Angelino Alfano.
Roma. Ogni volta che lo fanno arrabbiare, l’ultima volta per una questione che riguarda le sue vere (o presunte) ambizioni di vicepresiedere il Csm, Renato Schifani chiama Angelino Alfano: “Guarda che stavolta torno davvero in Forza Italia. E non sarò il solo”. E l’altro, abituato com’è a smussare, a sciogliere nell’olio d’oliva: “Ma no, ma che dici, Renato. Tu sei importantissimo”. Poi tuttavia Alfano chiude il telefono e sbuffa con Gaetano Quagliariello, talvolta con Maurizio Lupi, “vorrei vedere chi se lo prende”. E Quagliariello e Lupi allora gli ricordano cos’è davvero importante, glielo ripetono tutti i giorni che “o ci leghiamo a Renzi o siamo fregati. Dobbiamo diventare fondamentali per lui. Altro che Berlusconi e Schifani”. E insomma il Nuovo centrodestra è nei guai, il partitino è al due per cento, si sa, e Matteo Renzi dà segni d’insofferenza nei confronti di Alfano protagonista del caso Shalabayeva, e poi incauto dichiaratore gaffeur nel caso Gambirasio. Ma non solo. Nei corridoi di Palazzo Chigi dicono che Renzi sia preoccupato anche dalla storia dell’Expo, innervosito dalle mosse (incaute?) del ministro dei Lavori pubblici, l’alfaniano Lupi, a cui viene anche imputato il pasticcio del decreto sulla Pubblica amministrazione bocciato da Napolitano. Così il presidente del Consiglio in questi giorni raccoglie i resti di Sel e di Scelta civica, che quasi gli cadono tra le mani, e osserva comporsi attorno a sé nuovi rivoli e gruppetti che infoltiscono la sua riserva di voti, anche in Senato, rendendo forse sempre meno necessari Alfano e compagni: Renzi ha già guadagnato circa diciotto deputati e sei senatori tra parlamentari fuoriusciti e parlamentari che stanno per abbandonare Vendola e Monti (senza tener conto degli ex grillini iscritti al gruppo misto con i quali da giorni discute Pippo Civati).
L’effetto, nei corridoi del partitino chiamato Nuovo centrodestra, è il panico: si litiga e ci si spaventa, assai. Non solo Schifani. Anche l’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, gravato da parecchi guai giudiziari, pare abbia ripreso a telefonare ad Arcore, chiedendo, offrendo, ipotizzando. Chissà. Alfano ha deciso per il momento di twittare un po’ meno di prima, e soprattutto, adesso, ascolta il vecchio Pier Ferdinando Casini che, sempre attento com’è a cogliere lo spirito del tempo politico, lavora indefesso a stabilizzare un cartello parlamentare con Ncd e con ciò che resta dei democristiani amici di Monti: un recinto di voti parlamentari per Renzi, ma in terribile concorrenza con il gruppo che ha abbandonato Vendola e con la pattuglia di montiani d’area più sinistrorsa, come Andrea Romano e Irene Tinagli (Gianpiero Dalla Zuanna si è direttamente iscritto al Pd), tutti candidati a far da sostegno al Partito democratico. Perciò: “Dobbiamo essere più veloci di loro”, si sente sussurrare in questo fermento neocentrista. Bisogna fare presto e ingrossare le file. E così lunedì scorso è stato fatto un acquisto importante. Il senatore Pietro Langella, figlio e nipote di due boss della camorra assassinati nella guerra di mafia, ha abbandonato il gruppo parlamentare Grandi autonomie e libertà (Gal) per iscriversi a quello del ministro dell’Interno Alfano. E il ministro lo ha anche nominato coordinatore del partito a Napoli. Nei sogni di Alfano e Casini anche Raffaele Fitto dovrebbe essere della partita, ma l’ex ministro non ci pensa nemmeno, così come Saverio Romano smentisce le malizie che lo descrivono in contatto da settimane con i neocentristi. “Bisogna fare presto”, incalza Casini.
Il Foglio sportivo - in corpore sano