Il futuro della Figc si decide in agosto
Tavecchio favorito per la presidenza. Malagò preferisce Albertini, Mazzola lancia Rivera, le piccole puntano alla rottamazione. Le proposte di Cairo, Barbara Berlusconi e Mourinho
Ripartire, rivoluzionare, ricreare. Tutti concordi, il messaggio è chiaro, sono i metodi ad essere incerti. Il calcio italiano prova a risollevarsi dopo la certezza della sua debolezza alla luce dell'immediata uscita dal Mondiale brasiliano che segue la fallimentare stagione europea dei nostri club. Abete e Prandelli si sono dimessi, prima novità, il resto però è ancora bloccato. La Federcalcio si è fermata a pensare, prima il nuovo presidente, priorità, poi il nuovo allenatore, scelto dal futuro vertice. Quindi tutto rinviato all'11 agosto; nel frattempo via a ipotesi sul futuro e consigli, proposte, suggerimenti che arrivano da tutte le parti.
Le ultime in ordine di tempo sono quelle di Urbano Cairo, Barbara Berlusconi e José Mourinho. Tre cure differenti. Per il presidente del Torino, intervistato da La Stampa, sarebbero necessarie 4 mosse: "investire nei vivai, migliorare gli stadi, una quota italiana di giocatori in campo ogni partita e le seconde squadre". Per l'amministratore delegato del Milan invece il problema è generazionale: basta "vecchi", largo ai giovani, rottamazione quindi in stile Renzi: "spazio a quarantenni preparati. Non è solo un problema di persone, ma anche di regole. Per cambiare una governance litigiosa e senza visione che non programma e che non ha a cuore la promozione del calcio italiano nel mondo. Più incline a trovare un compromesso tra tanti che ad operare scelte utili per il futuro del calcio italiano. Un governo del calcio che impiega gran parte del proprio tempo a discutere e dividersi - conclude - mentre gli altri paesi conquistano, con i loro campionati, sempre nuove quote di mercato in Asia e in medio oriente". Mou, come sempre, si colloca invece all'opposizione: "Io penso che per l'Italia sia meglio ripartire da Prandelli. Lui ha preso le redini della nazionale in un momento difficile per il calcio italiano. In 4 anni - continua - ha fatto un bel lavoro, ha ricostruito una squadra dopo il mondiale negativo in Sudafrica e ha conseguito un grande risultato all'Europeo 2012".
I giornalisti annotano, ripropongono, polemizzano. Intanto nelle stanze della Figc si va avanti, si tratta, si prova a decidere creando maggioranze, tra una promessa d'accordo e l'altra. Prima il presidente, di conseguenza tutto il resto. Il favorito sembra Carlo Tavecchio, 70 anni, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, esperto e conoscitore di calcio al punto giusto per ristrutturare la Federazione, dicono i sostenitori; vecchia volpe, ma dalle idee antiche e conservatrici, dicono gli scettici, che sostengono che con lui al comando si potrà cambiare, ma che sarà impossibile rivoluzionare un qualcosa che non funziona. Tavecchio intanto va avanti a cercare alleanze. Le idee sono chiare e già sul piatto: no ad allenatori super-pagati (anche perché le finanze piangono), sì a uno collaudato e abituato a costruire un progetto (Guidolin o Zaccherroni?) da affiancare a un giovane al quale affidare il lavoro tra quattro anni (Di Biagio, Mangia o Maldini?), in nome della continuità tecnica tra una gestione e l'altra come accadeva sino all'avvento di Arrigo Sacchi.
Le alternative? Sono nomi o voci, apparizioni su carta stampata. Sono Luca Pancalli, presidente del Settore giovanile e scolastico della Figc, Demetrio Albertini, vicepresidente della Federcalcio sino alle dimissioni post Italia-Uruguay, ben voluto da Giovanni Malagò, presidente del Coni, infine Gianni Rivera, primo pallone d'oro italiano della storia, sempre messo in mezzo dai giornalisti in questi casi, lanciato nei giorni scorsi da Sandro Mazzola. Nomi noti, insomma, nessun ricambio generazionale. Damiano Tommasi, presidente dell'Aic, analizza ai microfoni di Sky: "Il problema è che manca una cantera dirigenziale: noi non abbiamo mai ragionato in questa ottica e ciò influenza le scelte tecnico-sportive che poi determinano i risultati". Poi suggerisce: "Credo che la conoscenza dell’ambiente sia un vantaggio e un’opportunità in più. Ma abbiamo visto in passato che dirigenti che non hanno fatto calcio o altri sport poi si sono rivelati ottimi. L’importante è chi arriva sia propositivo e a mio avviso è necessario avviare un discorso di modifiche sul lungo termine con l’esempio che abbiamo degli altri Paesi”.
Chi verrà eletto sarà davanti a questo bivio: rivoluzione o restaurazione? Più interessante la prima, più praticabile la seconda. "Saranno i tesserati a scegliere", dice Tavecchio rispondendo a Barbara Berlusconi. Vero, ma attenzione a ricordarlo. Il Presidente per regolamento verrà eletto dall'Assemblea della Figc, ovvero dai rappresentati eletti dalle squadre professionistiche e della Lega Nazionale Dilettanti, con maggioranza di tre quarti ai primi due scrutini, e del 51% dal terzo in poi. Queste le regole e da qui le manovre sotterranee dei delusi: Lega Pro e Serie B, oltre ad alcuni dirigenti della Serie A stanno cercando di ampliare il loro raggio d'azione, trovare alleati per proporre un'alternativa al "Federalismo Abetiano". Due sono i nomi per ora sussurrati. Andrea Abodi, presidente della Lega di Serie B, oppure Roberto Baggio, apprezzato dai rottamatori soprattutto per le parole pronunciate quando lasciò la presidenza del Settore Tecnico federale in segno di protesta: "Non mi è stato consentito di svolgere il ruolo che mi è stato affidato, non sono disposto ad andare avanti. Non ci tengo alle poltrone. Il mio programma di 900 pagine, presentato a novembre 2011, è rimasto lettera morta e ne traggo le conseguenze".
Il Foglio sportivo - in corpore sano