Il Cavaliere arcobaleno

Redazione

Il nuovo amore niente affatto spericolato di Berlusconi per la causa gay. Anarca etico e naturaliter libertario. L’alleanza tattica sui valori ruiniani, il due di picche alla Lista pazza. Diritti e nuove coercizioni.

E’ scoccata l’ora del Cavaliere arcobaleno? “Quella per i diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un paese davvero moderno e democratico dovrebbe essere un impegno di tutti”, ha dichiarato solennemente Silvio Berlusconi. Lo ha fatto  nel giorno in cui la sua fidanzata Francesca Pascale si iscriveva all’Arcigay, insieme con il giornalista Vittorio Feltri, e si proclamava – non per la prima volta – favorevole alle battaglie dell’associazione, che vanno dall’approvazione del matrimonio alla possibilità di adozione per coppie omosessuali. Berlusconi ha anche aggiunto che “da liberale, ritengo che attraverso un confronto ampio e approfondito si possa raggiungere un traguardo ragionevole di giustizia e di civiltà”.

 

Magari è ancora poco, per decidere che Forza Italia è pronta, per settembre, a votare a scatola chiusa il testo unico Cirinnà, il quale prevede unioni civili gay parificate al matrimonio e inserimento nello stato civile dei figli minori (primo passo verso le adozioni). Ma le dichiarazioni di Berlusconi sono già abbastanza per marcare un deciso cambio di passo. Fino a non molto tempo fa, erano Sandro Bondi e Giancarlo Galan a farsi carico, in solitudine, della richiesta di promuovere le unioni civili omosessuali. In analoga solitudine (correva l’anno 2008) Gianfranco Rotondi e Renato Brunetta lanciavano i meno impegnativi ma comunque sfortunati DiDore, Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi, per coppie etero e omosessuali. Mai accolti nel programma del governo Berlusconi.

 

Qualcosa è cambiato, dunque, almeno in apparenza. Dobbiamo ricordare che il Berlusconi libertario e libertino, anzi anarca etico – “Il mio è un partito monarchico per quanto riguarda la leadership”, disse nel 2008, “ma anche un partito anarchico, perché su questioni di etica e morale noi lasciamo la libertà di coscienza” – ha vestito con qualche impaccio, nei suoi anni di governo, i panni del custode dei valori non negoziabili. Fatta eccezione per un unico caso – quello che riguarda la morte di Eluana Englaro – nel quale un suo personale convincimento lo aveva indotto a gesti forti e convinti, in contrasto con il mainstream eutanasico montante. In tutti gli altri snodi eticamente sensibili – legge sulla fecondazione artificiale, ricerca sulle staminali embrionali, aborto – la posizione del Cavaliere è stata sempre di una prudenza molto simile all’indifferenza, quasi sempre tradotta in termini di libertà di coscienza nel voto, per quanto riguardava il suo partito. “Lasciar fare”: è questa, l’ideologia naturale della classe sociale, dell’ambiente, del clima culturale lombardo (già Europa del nord) ai quali appartiene Silvio Berlusconi. Ma in passato, per un periodo non breve, a quell’appartenenza ha fatto da correttivo – più politico e d’occasione che sostanziale e culturale – la necessità di combattere contro Prodi e il prodismo dei cattolici adulti, e di intercettare un elettorato diffidente verso il bigottismo dei nascenti diritti Lgbt e la mistica del figlio in provetta, lo stesso elettorato che mandò a monte il referendum anti legge 40. In quella battaglia, era naturale che Berlusconi incontrasse la Conferenza episcopale italiana guidata da Camillo Ruini in felice sintonia con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Quella chiesa metteva al centro del proprio annuncio la questione antropologica, mentre identificava nella tecnoscienza un pericolo per i capisaldi dell’umano: matrimonio, generazione, differenza sessuale, difesa della vita. Storia nota e ora destinata alla naftalina, stando agli intendimenti del nuovo segretario generale della Cei, monsignor Galantino, interprete privilegiato e autorizzato dell’èra bergogliana.

 

Ma quando è stato se stesso, Berlusconi si entusiasmava più per le spericolatezze medico-genetiche alla don Verzé che per la lista pazza “Aborto no grazie”, della quale declinò la proposta di apparentamento nelle elezioni del 2008. Il Berlusconi di oggi, pro unioni civili gay, rientra con sollievo nel mainstream, in fondo senza tradire se stesso e il suo spirito naturaliter libertario. Allora il nuovo confine del Cavaliere dei diritti per tutti deve diventare anche quello della difesa delle differenze, della libertà di educazione, del rifiuto di una legge anti omofobia che vuole colonizzare le coscienze e reintrodurre il reato d’opinione, come spiegava Luigi Amicone sul Foglio di sabato. A questi varchi, oltre le parrucche e parrucconi dei Gay pride, è atteso il Cav. libertario.