Euroinvestimenti, non solo annunci
I 300 miliardi di Juncker e i nostri compiti a casa per sfruttarli
Il presidente in pectore della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nel suo discorso di investitura, ha lanciato un programma europeo di investimenti di 300 miliardi in tre anni. I contorni del piano, che sarebbe da realizzare tramite la Bei (Banca europea per gli investimenti), però, non sono ancora chiari. Infatti nel 2013 la Commissione europea aveva già messo in cantiere un piano di investimenti monstre, tra aumento di capitale della Bei, estinzione di prestiti già concessi e sostituzione degli stessi con altri prestiti. Poiché la Bei con un capitale di 1 miliardo ne può prestare 6 “a leva”, sembra di capire che questo piano, apparentemente grandioso, consista in un apporto di 6,66 miliardi alla Bei, per prestarne 40 in aggiunta ai 260 preventivati e non ancora utilizzati. Il tutto da ripartire fra i vari stati. Juncker non ha chiarito poi quali tipi di prestito dovrebbero essere erogati. Si va dai cosiddetti project bond, ovvero finanziamenti di progetti di investimento in infrastrutture, allo sconto di cartolarizzazioni di crediti delle imprese, alla partecipazione della Bei con una quota di capitale del 25 per cento e una quota di prestito del 50 per cento al finanziamento di nuove iniziative di piccole e medie imprese in cui i privati mettono, come capitale proprio, il 25 per cento della spesa complessiva. L’Italia ha urgente bisogno di credito all’economia. Ma la domanda è: avremo la forza contrattuale e la capacità operativa per ottenere una quota dei nuovi stanziamenti europei? Quel che è accaduto in passato, per i finanziamenti della Bei e per i fondi strutturali dell’Ue, non è un precedente atto a tranquillizzare. E’ anche qui che si decide la flessibilità.
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