Debito d'ossigeno
Padoan e le misure choc studiate dal governo per conquistare la flessibilità
Le ipotesi taglia debito, il dossier Carrai, le uscite di Delrio e il ruolo dei fondo sovrani. Una nuova agenda Leopolda
Il bonus da 80 euro diverrà strutturale dal 2015 e si proseguirà con la riduzione dell’Irap sulle aziende. Fin qui le buone notizie dell’informativa di Pier Carlo Padoan a Montecitorio, formalmente sulle raccomandazioni all’Italia dall’Unione europea. L’effetto congiunto è una prima riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, zavorra (non la sola) per la competitività. Infatti ad applaudire è stavolta il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi, che vi individua “una boccata di ossigeno e benzina nel motore delle imprese”. Ma sul resto il ministro dell’Economia ha lasciato alcuni punti in sospeso, attirando le critiche di Forza Italia e di Stefano Fassina della sinistra Pd. Renato Brunetta ha dunque utilizzato i gradi appena ottenuti di coordinatore dell’”opposizione economica” a Renzi per definire la relazione “esoterica, omissiva, elusiva e anche sbagliata”. Fassina vi ha intravisto l’ombra di una manovra da almeno 23 miliardi, “insostenibile”. Padoan ammette che la “debole e incerta” crescita europea penalizza particolarmente l’Italia: “E i margini per l’azione di governo si faranno più stretti”. Quindi ha risposto “no comment” sull’ipotesi di una manovra estiva se il Pil non dovesse crescere neppure nel secondo trimestre. L’Istat alzerà il velo il 6 agosto. Da quel giorno, tra mancata crescita e flessibilità europea sulla quale non ci si fanno più troppe illusioni (a cominciare dai 300 miliardi di investimenti promessi dal presidente Junker), si materializzerà sul tavolo di Renzi la tegola anticipata dal Foglio del 12 luglio: 24 miliardi per coprire gli impegni confermati da Padoan. Ma non solo.
Il prossimo Def inizierà ad esplorare più a fondo il problema debito, finora delegato a privatizzazioni e cessioni immobiliari impalpabili. Dal 2016 scattano gli obblighi del fiscal compact, il meccanismo di riduzione automatica dell’indebitamento, appena salito a 2.166 miliardi, quasi il 133 per cento del Pil. Se qualche speranza di deroga c’era almeno su questo fronte, l’ha eliminata Draghi definendo “fondamentale applicare il fiscal compact” e quasi collegandovi le nuove misure di finanziamento al credito della Bce; che se comprendessero l’acquisto di bond privati andrebbero a beneficio diretto di molte aziende italiane. Dunque come se ne esce? La novità è che è la sinistra renziana a discutere di ricette taglia-debito. Il sottosegretario Delrio non ha escluso l’ipotesi di una ristrutturazione in stile argentino o greco, provocando l’irritazione di Padoan. Tra l’altro perché l’idea della ristrutturazione, parziale ed estesa ad altri paesi europei, è il cavallo di battaglia di Lucrezia Reichlin, economista che quando girò il suo nome per il governo si tirò fuori in modo brusco. Ora però ad occuparsi di debito è Marco Carrai, gran consigliere renziano e organizzatore delle varie Leopolde. Carrai ha esposto il suo piano su Italia Oggi nella qualità presidente di Cambridge Management Consulting, la sua società di consulenza: si tratta della costituzione di un fondo immobiliare, Patrimonio Italia, nel quale conferire asset dello Stato, “che altrimenti, e nonostante i tentativi estemporanei di vendita, sono da considerarsi morti da un punto di vista reddituale”. La cessione di quote di Patrimonio Italia a investitori istituzionali, fondi sovrani ma anche a Bot people, potrebbe fruttare secondo Carrai 2-300 miliardi di riduzione del debito. Di questa e altre ipotesi (compresa la statalizzazione di parte del patrimonio dei fondi previdenziali, attuata in Polonia tra mille polemiche) Padoan avrebbe discusso a Roma e Milano, dove va settimanalmente, con investitori italiani e stranieri. Finora senza sbilanciarsi. Mentre Renzi ha sempre decisamente escluso l’altra ipotesi cara alla sinistra (e non solo): la patrimoniale.
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