In Europa a motore spento
L’euroripresa collassa a Berlino, si complica il semestre renziano.
Ora che anche Berlino arranca, come ha rivelato la Bundesbank prevedendo un pil bloccato nel secondo trimestre, Roma non riesce ad approfittare delle prime difficoltà della Germania per imporre una linea meno rigorista e più improntata alla flessibilità, il mantra con il quale Matteo Renzi aveva inaugurato il semestre di presidenza dell’Unione europea. Questo è apparso chiaro a quegli stessi europarlamentari di fronte ai quali il capo del governo aveva debuttato il 2 luglio in modo bellicoso e speranzoso, sfidando il capogruppo merkeliano del Partito popolare europeo Manfred Weber. Ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, rivolto ai deputati europei della Commissione affari economici nella sede di Bruxelles ha sì fatto leva sul “campanello d’allarme della Germania” e sullo “scenario deludente dell’Eurozona”, ma ha anche cercato di chiudere l’incidente con il commissario pro-tempore all’Economia e superfalco Jyrki Katainen, che sulla Welt ha definito la flessibilità pericolosa e “un modo creativo per eludere i patti”. Padoan lo ha fatto nel modo solito: “Sono andato a leggermi le trascrizioni…”. Quanto alla flessibilità, il ministro l’ha ricollocata “all’interno delle regole attuali” e “come punto di avvio”. E sulle sanzioni alla Russia ha ammiccato a Berlino (“comportano sempre dei problemi per chi le subisce e per chi le decide”).
In altri termini i traguardi del semestre Renzi – flessibilità sui vincoli europei, investimenti pro crescita fuori da questi ultimi, e poltrona di Alto rappresentante per gli esteri e la sicurezza per Federica Mogherini – restano difficili da ottenere. Il paradosso è appunto che il calo della produzione industriale che affligge l’Italia si è abbattuto anche sulla potente economia tedesca, compresi i punti di forza di esportazioni, manifattura ed edilizia. Diversa è però la lettura che se ne dà a Francoforte: “Incertezza legata a fattori geopolitici e anche un calo della domanda di beni intermedi”.
In altri termini Bundesbank tira in ballo le crisi a est e magari il fatto che la Cina importi un po’ meno. Venerdì uscirà l’indice Ifo sulla fiducia di luglio e si capirà se i tedeschi prevedono stagnazione o continuano a professare ottimismo come il governo e il Fondo monetario internazionale, che ha alzato le stime del pil per il 2014 e 2015. I paesi flessibili e quelli rigoristi espongono la propria merce: come l’Italia è messa la Francia, la cui produzione ha subìto un tracollo e che candida Pierre Moscovici (socialista e presumibilmente “flessibile”) all’Economia, dov’è provvisoriamente piazzato Katainen. Ma Germania e alleati vantano i buoni risultati della Spagna, che ha fatto le riforme e dove la crescita è ripartita e la disoccupazione si è ridotta (seppur resti doppia rispetto all’Italia). Casomai un atteggiamento più accomodante è previsto, dagli analisti di Commerzbank, sulle mosse future della Bce, dove i rappresentanti tedeschi non dovrebbero ostacolare l’acquisto di bond su base più ampia. Renzi non ha torto nell’additare ad alta voce le reazioni lentigrade dell’euroburocrazia (non dissimili da quelle della Pa italiana) che, davanti al rischio di una terza recessione in otto anni, s’è presa una bella vacanza di un mese e mezzo. Ma quando a fine agosto tornerà a Bruxelles non saprà come vestirsi; mentre del semestre italiano sarà trascorso più di un terzo.
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