Partecipate riluttanti
Poste e Rai non rispondono agli ordini dell’azionista pubblico
Il governo sta trovando qualche difficoltà a tenere nei ranghi le società a controllo statale riluttanti a seguire gli ordini dell’azionista pubblico, ordini già inseriti negli impegni votati dal Parlamento e inviati in Europa. Il caso di Poste lo testimonia. Il nuovo capo azienda, Francesco Caio, nominato dal governo Renzi a maggio, ha invertito i piani predisposti dal predecessore Massimo Sarmi (e benedetti dall’esecutivo Letta). La privatizzazione di Poste tramite quotazione parziale, programmata per fine anno, è da ridiscutere nei tempi e nelle modalità; anche per oggettive difficoltà tecniche di un collocamento in Borsa frettoloso. Il ruolo di facilitatore passivo dell’operazione Alitalia-Etihad – di cui il cda di Poste condivide “la logica industriale e di mercato” – sta poi stretto a Caio che non vuole accollarsi solo gli oneri con il trasferimento di capitale nella sola bad company, ma intenderebbe investire nella nuova costituenda compagnia con gli emiratini e i soci italiani. Eventualità che ha irritato le banche creditrici e spiazzato l’esecutivo alla vigilia della risposta alle richieste di chiarimenti della Commissione Ue, sollecitata da Air France-Klm e Lufthansa in conseguenza dell’intervento di Poste nella ricapitalizzazione di Alitalia di fine 2013 in quanto costituirebbe, dicono i critici, aiuto di stato.
Se le Poste ostentano una logica finanziaria e di discontinuità, alla Rai invece nulla cambia rispetto a qualsiasi novità, risparmio, minima privatizzazione. La cessione di Rai Way, la società che gestisce gli impianti di trasmissione, è persa nelle nebbie, mentre il piano di accorpamento tra Tg3 e RaiNews24 “spaventa” l’Usigrai, il sindacato interno. Che chiede se “si voglia chiudere il Tg3”: la stessa ipotesi, ma di fusione con il Tg2, non aveva invece sollevato problemi. Siamo sempre lì: un’azienda ferma e un sindacato imbizzarrito che non pagano dazio alla crisi (quella “preoccupante” di un’editoria spesso ingessata, Napolitano dixit) e non per merito ma ritenendosi immuni e diversi. Il governo non deve concedere altre deroghe se vuole essere preso sul serio, in Italia, all’estero e sul mercato.
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