Non solo Israele. Volontari di guerra. Chi sono i soldati solitari
Era una dimensione tipica dell’800, quella dei volontari che per ragioni ideologiche andavano ad arruolarsi nelle guerre di tutto il mondo. Da Lord Byron morto nella guerra d’indipendenza greca, agli italiani della Legione Garibaldi. Geopolitica dei nuovi eserciti (con un paio di sorprese).
I servizi segreti norvegesi che danno l’allarme su un possibile “attacco terrorista” organizzato da qualcuno dei 40-50 cittadini (o residenti) che dopo essere andato a combattere il jihad in Siria decide di tornare in Europa. Il californiano e il texano che sono caduti a Gaza con indosso l’uniforme. Il tiratore scelto con sei anni di esperienza nell’esercito e nella guardia nazionale svedesi che ha rilasciato un’intervista alla Bbc sulla esperienza di combattimento in Ucraina. Ma secondo al Jazeera ci sarebbe anche un italiano 52enne che “avrebbe lasciato moglie e figlio” per andare a combattere con gli ucraini. E poco più di un anno fa l’evidenza di italiani andati in Siria a combattere contro Bashar el Assad venne drammaticamente alla ribalta attraverso il caso di Giuliano Ibrahim Delnevo: il genovese 24enne colpito a morte mentre cercava di portare in salvo un compagno ferito. E poco più di un mese fa è stato il ministro dell’Interno Angelino Alfano a riferire a Montecitorio che “sono circa 30 i soggetti già residenti nel nostro paese che si sono recati in Siria per combattere, otto dei quali vi hanno trovato la morte”. Sempre da Alfano viene la cifra dei 2.300 “giovani estremisti islamici” che “dai paesi dell’Unione europea hanno raggiunto la Siria per unirsi alle diverse formazioni attive in quel conflitto”.
Storie diverse, ma con un tratto comune. Sono 5.000 gli stranieri che ogni anno si arruolano nell’esercito di Israele senza l’intenzione di prendere la cittadinanza o la residenza dello stato ebraico, ma comunque con l’obiettivo di contribuire alla difesa di quella che considerano una patria spirituale. “Soldati solitari” li chiamano in Israele, perché in licenza non hanno nelle vicinanze una famiglia presso cui tornare. Uno di loro era appunto il 25enne Max Steinberg, di Los Angeles. Soldato della Prima brigata di fanteria Golani, una delle unità più decorate dell’esercito israeliano, è caduto il 20 luglio durante un’azione notturna. Il giorno prima durante l’attacco a un tunnel era caduto il 21enne texano Nissim Sean Carmeli. Si tratta di volontari inquadrati in un esercito regolare, nell’ambito di una tradizione che risale alla stessa guerra di indipedenza israeliana del 1948, quando tra gli stranieri che accorsero a combattere per difendere il nuovo stato ci fu anche Arrigo Levi.
Il battaglione Azov, i cui membri sono soprannominati “Uomini in nero”, è invece un’unità paramilitare della guardia nazionale. Comandante Andriy Belitsky, leader del gruppo di estrema destra Assemblea social-nazionale patrioti dell’Ucraina. Creato lo scorso 5 maggio, avrebbe iniziato a reclutare anche volontari stranieri, tra cui finlandesi, baltici, francesi e svedesi. Tra questi ultimi Mikael Skilt, sulla cui testa i prorussi hanno messo una taglia da 7.000 dollari. Skilt si definisce un “fautore della supremazia bianca”, ma ha testimoniato di come nel battaglione ci sia pure “un liberale”, e il principale finanziatore è l’oligarca ebreo Ihor Kolomoisky. Dall’altra parte, tra i separatisti oltre a volontari provenienti dalla Russia sono stati individuati anche serbi e uzbeki.
Un antecedente del battaglione Azov può essere considerata quella Brigata re Tomislav in cui con i croati di Bosnia tra 1991 e 1994 combatterono parecchi tedeschi. L’ex ufficiale della Bundeswehr Jürgen Schmidt morì nel gennaio del 1993, combattendo i musulmani a Gornji Vakuf e pure dalla Bunderswehr proveniva il Michael Homeister alla testa di una pattuglia che uccise due serbi. Dalla parte dei serbi c’erano invece russi, e anche greci di Alba dorata, mentre al fianco dei musulmani continuò quella mobilitazione jihadista che era iniziata in Afghanistan e che trova ora il proprio culmine nell’Isis: legione di volontari islamici che si sta costruendo a ferro e fuoco uno stato.
Era una dimensione tipica dell’800, quella dei volontari che per ragioni ideologiche andavano ad arruolarsi nelle guerre di tutto il mondo. Da Lord Byron morto nella guerra d’indipendenza greca, agli italiani della Legione Garibaldi e agli americani della Squadriglia Lafayette che nella Prima guerra mondiale combatterono per la Francia prima ancora che i governi di Roma e Washington entrassero in guerra.
Brigate internazionali antifasciste e loro omologhi filofranchisti si affrontarono poi nella Guerra civile spagnola; furono repubblicani spagnoli arruolati nell’esercito gollista i soldati alleati che nel 1944 entrarono per primi a Parigi; furono francesi gli ultimi soldati delle Waffen SS a combattere a Berlino nel 1945. Ma dopo il 1945 quel tipo di volontariato sembrò uscire di moda, salvo appunto il caso israeliano. E nel 1979 una Brigata Simón Bolívar di trotzkisti latino-americani tra cui il futuro scrittore Luis Sepúlveda, andata in Nicaragua a combattere contro Somoza fu epurata dagli stessi sandinisti: una vicenda che lo stesso Sepúlveda avrebbe fatto rievocare a un suo alter ego nel romanzo “Un nome da torero”. Ma adesso, in qualche modo, quell’Ottocento sta tornando.
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